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Quando l’abito non fa il monaco: la vera storia di Dollmann, l’interprete di Hitler

Come il diplomatico tedesco sfuggì alla giustizia sotto mentite spoglie dopo la caduta del Terzo Reich col beneplacito dell’intelligence americana e italiana.

Giovanni Preziosi

Giovanni Preziosi

Giovanni Preziosi nasce 54 anni fa a Torre del Greco, in provincia di Napoli, da genitori irpini. Trascorre la sua infanzia ad Avellino prima di intraprendere gli studi universitari presso l’Università degli Studi di Salerno dove si laurea in Scienze Politiche discutendo una tesi in Storia Contemporanea. Nel corso di questi anni ha coltivato varie passioni, tra cui quella per il giornalismo, divenendo una delle firme più apprezzate delle pagine culturali di alcune prestigiose testate quali: “L’Osservatore Romano”, “Vatican Insider-La Stampa”, “Zenit”, “Il Popolo della Campania”, “Cronache Meridionali”. Ha recensito anche alcuni volumi per “La Civiltà Cattolica”. Inoltre, dal 2013, è anche condirettore della Rivista telematica di Storia, Pensiero e Cultura del Cristianesimo “Christianitas” e responsabile della sezione relativa all’età contemporanea. Recentemente ha fondato anche il sito di analisi ed approfondimento storico "The History Files”. Ha insegnato Storia Contemporanea al Master di II° livello in “Scienze della Cultura e della Religione” organizzato dal Dipartimento di Scienze della Formazione dell’Università degli Studi Roma Tre. Fin dalla sua laurea i suoi interessi scientifici si sono concentrati sui problemi socio-politici che hanno caratterizzato il secondo conflitto mondiale, con particolare riguardo a quel filone storiografico relativo all’opera di assistenza e ospitalità negli ambienti ecclesiastici ad opera di tanti religiosi e religiose a beneficio dei perseguitati di qualsiasi fede religiosa o colore politico. Ha compiuto, pertanto, importanti studi su tale argomento avviando una serie di ricerche i cui risultati sono confluiti nel volume “Sulle tracce dei fascisti in fuga. La vera storia degli uomini del duce durante i loro anni di clandestinità” (Walter Pellecchia Editore, 2006); “L’affaire Palatucci. “Giusto” o collaborazionista dei nazisti? Un dettagliato reportage tra storia e cronaca alla luce dei documenti e delle testimonianze dei sopravvissuti” (Edizioni Comitato Palatucci di Campagna, 2015), “Il rifugio segreto dei gerarchi: Storia e documenti delle reti per l'espatrio clandestino dei fascisti” (CreateSpace Independent Publishing Platform, 23 febbraio 2017) e “La rete segreta di Palatucci. Fatti, retroscena, testimonianze e documenti inediti che smentiscono l’accusa di collaborazionismo con i nazisti” (SECONDA EDIZIONE - Independent Publishing, maggio 2022) nonché in altri svariati articoli pubblicati su giornali di rilievo nazionale.
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Eugen Dollmann (Ratisbona, 21 agosto 1900 – Monaco di Baviera, 17 maggio 1985) il nazista colto appassionato di storia, l’interprete di Hitler, l’uomo dalle visioni sottili e seducenti, il diplomatico raffinato manovratore dietro le quinte e, infine, l’agente segreto che – dopo aver negoziato la resa tedesca – fu preso sotto l’ala protettrice degli americani in funzione antisovietica.

Un breve excursus biografico di Eugen Dollmann

Nacque il 21 agosto 1900 a Ratisbona, in Baviera, da madre inglese e padre tedesco. Visse in Italia per molti anni durante la sua giovinezza e conobbe intimamente il paese. Proveniva da una famiglia aristocratica con radici sia in Baviera che in Austria. Suo padre era avvocato e sua madre figlia del legale della casa regnante di Baviera era anche nipote di Heinrich von Fischer, medico dell’imperatrice Elisabetta d’Austria. Grazie ai buoni uffici della madre riuscì ad essere introdotto negli ambienti culturali e intellettuali di Monaco e di Vienna. Si laureò in storia dell’arte magna cum laude all’università di Monaco di Baviera formatosi come archeologo. Nel 1927 si trasferisce a Roma per proseguire gli studi sull’arte italiana e la storia dei Farnese, in particolare del cardinale Alessandro, nipote di papa Paolo III. Abitava in un sontuoso appartamento che sorgeva nella stupenda piazza di Spagna ed era ben introdotto nei salotti romani. Dopo la morte della madre, nel 1934 Dollmann divenne corrispondente per l’Italia del giornale Münchner Neueste Nachrichten. L’anno successivo la sua parabola politica assunse un’improvvisa impennata al punto che fu nominato Capo dell’Ufficio Stampa del Nationalsozialistische Deutsche Arbeiterpartei – Auslands-Organisation in Italia. In un report stilato dalla Central Intelligence Agency (CIA) degli Stati Uniti veniva descritto come “molto capriccioso con una personalità vivida e un grande senso dell’umorismo, ma egoista”1.

Si unì al partito nazista poco dopo la sua nascita e, durante le prime fasi della seconda guerra mondiale, agì come rappresentante personale di Hitler in Italia. Nel suo lavoro di diplomatico e interprete, allacciò contatti con Heydrich, Himmler e lo stesso Hitler. Proprio costui, nel 1938, dopo che aveva conosciuto Eva Braun a Firenze, «per [la] simpatia», come dichiarò lo stesso Dollmann, lo fece nominare su due piedi SSStandartenführer, “colonnello onorario” delle SS2. Di conseguenza, tra il 1938 e il 1944, l’astuto gerarca nazista divenne un punto di riferimento per i rapporti tra i tedeschi che stazionavano a Roma e i dirigenti fascisti. Egli era di casa all’ambasciata di Eberhard von Mackensen e di Rudolf Rahn, presso la sede del comando supremo di Albert Kesselring e nella villa gardesana di Karl Wolff. Inoltre, proprio in quel periodo fece anche da interprete a Himmler, Reinhard Heydrich, il capo della polizia segreta delle SS, e ad altri ufficiali delle SS e nazisti che visitarono l’incantevole capitale italiana. I legami con la società italiana lo portarono a essere assegnato come ufficiale di collegamento con Mussolini durante la seconda guerra mondiale. Tra i suoi vari interlocutori ci fu anche il primo addetto militare sovietico a Roma che incontrò nel 1940 presso la casa del secondo addetto militare tedesco, il tenente colonnello von Pretzell3. Sebbene Dollmann fosse legato all’ambasciata tedesca, non rispondeva a Kappler, ma direttamente a Himmler perché, in realtà, era il suo uomo di fiducia a Roma, a cui faceva pervenire un costante flusso di rapporti. Il colonnello Dollmann, pertanto, ricoprì l’incarico di ufficiale di collegamento tra il generale Karl Wolff e il feldmaresciallo Albert Kesselring e tra quest’ultimo e il Vaticano. Dai documenti ufficiali tedeschi risulta, infatti, che l’SS-Standartenführer Eugen Dollmann dal 1939 al 9 settembre 1943 era stato incaricato speciale del Reichsführer-SS a Roma. Quindi, a partire dal 10 settembre di quello stesso anno, fu distaccato dal settembre 1943 come ufficiale di collegamento del Comandante Supremo delle SS e della Polizia in Italia presso il Comandante in Capo del Fronte Sud-Ovest. Inoltre, Dollmann servì come collegamento di Himmler e Wolff con il governo di Sua Maestà Vittorio Emanuele III e, successivamente, con la RSI. Difatti si impegnò sia a Roma che a Firenze a far prevalere gli interessi tedeschi nei confronti degli uffici italiani, collaborando nello smantellamento delle organizzazioni terroristiche nemiche. Dall’agosto del 1944 profuse tutto il suo impiego nell’area operativa a sud del Po sovrintendendo all’organizzazione ed al reclutamento, in collaborazione con uffici tedeschi e italiani, di ben 38.000 lavoratori per la costruzione delle postazioni difensive. L’intrigante bavarese, in effetti, parlava correntemente l’italiano, e ciò lo rendeva un apprezzato interprete nelle riunioni più delicate tra Mussolini, il Führer, Karl Wolff e quelle autorità che non spiccicavano una parola d’italiano. Il 24 marzo 1943 fu decorato con la Croce di Ferro di 2ª classe e, dopo qualche mese, il 1° maggio successivo con la Croce di Ferro di 1ª classe.

Approfittando della sua estrazione aristocratica, partecipò alle tante cerimonie organizzate dall’ambasciatore tedesco Ulrich von Hassell che, come si ricorderà, faceva parte dell’opposizione al Fuhrer e per questo fu ucciso nel 1944 durante le purghe che seguirono al tentativo di attentato a Hitler del 20 luglio 1944. La sera del 27 luglio 1943, due giorni dopo la deposizione di Mussolini, il colonnello delle Waffen SS Eugen Dollmann e Herbert Kappler incontrarono il tenente colonnello Otto Skorzeny al quartier generale di Albert Kesselring a Frascati. Skorzeny arrivò a Roma con un contingente di truppe delle Waffen SS subito dopo aver incontrato Hitler nella Tana del Lupo. Himmler ordinò a Skorzeny di utilizzare Kappler e Dollmann per l’Operazione Quercia (Unternehmen Eiche), il nome in codice della missione militare segreta che sarebbe scattata il 12 settembre 1943 ad opera dei paracadutisti tedeschi della 2. Fallschirmjäger-Division che portò alla liberazione di Benito Mussolini recluso sul Gran SassoCampo Imperatore. Skorzeny spiegò che la sua missione era quella di trovare e salvare Mussolini.

In seguito, proprio in virtù di questa operazione, Dollmann divenne noto proprio per aver elaborato il piano con Skorzeny per liberare il duce dal Gran Sasso. Inoltre, fu lui ad agevolare la fuga della nobildonna Virginia Bourbon del Monte, imprigionata nella villa di San Gregorio al Celio e, proprio grazie ai suoi buoni uffici, Il 10 maggio 1944, riuscì ad organizzare un incontro segreto tra il generale delle SS Wolff e Pio XII, per trattare l’evacuazione pacifica dei tedeschi dalla capitale evitando inutili spargimenti di sangue, considerato che gli alleati fin da gennaio erano ormai sbarcati ad Anzio.

Dollmann e l’Operazione Sunrise: retroscena delle trattative per la resa delle forze tedesche in Italia.

Col precipitare degli eventi bellici, Dollmann divenne l’ufficiale di collegamento personale del generale delle SS Wolff e del feldmaresciallo Albert Kesselring con gli italiani, in particolare il generale Graziani, il ministro dell’Interno Bocchini ed altri ancora. In quanto tale, fu impiegato come personalità chiave nelle manovre tra le autorità alleate e l’entourage nazista nel marzo-aprile 1945 che portarono alla resa di tutte le forze armate tedesche in Italia.

Già nel gennaio di quell’anno Wolff mostrava seri dubbi sull’esito del conflitto e, ben presto, fu coinvolto complotto per tradire il Führer e liberare l’Italia settentrionale insieme al suo giovane aiutante Guido Zimmer capo della IV attraverso l’Operazione Sunrise – nota anche come operazione Crossword – nome in codice delle trattative segrete avviate con il capostruttura statunitense dell’Office of Strategic Serivce in Svizzera Allen Dulles per negoziare la resa separata delle forze tedesche nel nord Italia. Nel 1940 Zimmer era stato trasferito a Roma come membro del RSHA Amt VI (Servizio Segreto Estero). Nel settembre del 1943, dopo la caduta di Mussolini fu trasferito a Genova, dove rintracciò gli ebrei e, successivamente, a Milano agli ordini dell‘SS-Standartenführer Walter Rauff, capo della Polizia di Sicurezza e SD del gruppo Alta Italia Ovest. Zimmer guidò una piccola squadra a Milano che confiscò le proprietà ebraiche e visse dei proventi. Ricevette anche informazioni politiche dall’estero e allestì una rete di agenti per fornire informazioni all’SD se fosse stata invasa dagli Alleati.

La storia dei negoziati segreti americano-tedeschi in Svizzera nel marzo e aprile 1945 fu rivelata in una serie di articoli dal Saturday Evening Post nel 1947.

In realtà, l’idea di allacciare queste trattative segrete risalirebbe al dicembre del 1944 va addebitata proprio a Eugen Dollmann che, grazie ai buoni uffici interposti dal barone Luigi Parrilli con i servizi segreti svizzeri – che prima della guerra vendeva automobili americane in Europa -, il 21 febbraio dell’anno successivo si recò a Zurigo per incontrarsi col suo amico di vecchia data, il dottor Max Husmann al quale confidò la sua intenzione di creare le condizioni – auspicate in certi ambienti delle SS – affinché i tedeschi potessero continuare a combattere al fianco degli Alleati contro i russi. Tuttavia, questo sua ipotesi fu immediatamente accantonata da Husmann il quale gli fece osservare che Il dottor su queste basi i negoziati con gli Alleati sarebbero ben presto naufragati. Così, subito pensò di coinvolgere Waibel, che si trovava a St. Moritz, invitandolo a Zurigo presso la sua abitazione per approfondire questa faccenda insieme al barone Parrilli. Fu così che, proprio grazie ai buoni uffici interposti da Waibel presso il suo amico Allen Dulles, il 25 febbraio a Lucerna fu organizzato un primo incontro interlocutorio con il capo dell’Office of Strategic Service alla presenza del suo segretario, Gero von Gaevernitz ed il primo collaboratore del maggiore Waibel, Mayr von Baldegg. Al termine di questo primo incontro, quella stessa sera, nel corso di un altro briefing Waibel presentò von Gaevernitz al barone Parrilli ed al suo amico Husmann con i quali approfondì meglio le reali intenzioni dei tedeschi in Italia. In questa circostanza, il barone riferì che conosceva personalmente soltanto lo Standartenführer delle SS Eugen Dollmann il quale, tuttavia, era pur sempre un personaggio di spicco dell’entourage nazista considerato che aveva ricoperto l’incarico di ufficiale di collegamento tra il comandante in capo sud–ovest, l’alto comandante delle SS e della polizia in Italia e il ministro della Difesa nazionale nonché comandante in capo dei reparti della Repubblica Sociale Italiana generale Rodolfo Graziani. Proprio per questo motivo la conditio sine qua non posta dagli americani era quella di coinvolgere Dollmann per riuscire a persuadere i massimi esponenti dell’apparato nazista per giungere ad una resa incondizionata. In pratica fu proprio questo l’incarico che fu affidato al barone Parrilli il quale, senza battere ciglio, immediatamente provvide ad invitare Dollmann in Svizzera per sottoporgli le posizioni degli americani.

A distanza di qualche giorno, per la precisione il 2 marzo, il barone fece di nuovo ritorno in Svizzera informando Husmann e Waibel che il colonnello Dollmann e l’aiutante di Wolff, il tenente Guido Zimmer, l’indomani sarebbero giunti al confine elvetico. Difatti, alle prime luci dell’alba del 3 marzo, Dollmann, Parrilli e l’Obersturmführer Zimmer furono accolti alla frontiera da Max Husmann accompagnato dal tenente Friedrich Rothpletz, un agente segreto svizzero inviato dal maggiore Waibel. Subito dopo, attraverso Chiasso, raggiunsero Lugano, dove
alle 15 in punto, in una sala da pranzo privata del ristorante Bianchi, incontrarono l’inviato di Dulles, l’agente dell’OSS Paul
Blum al quale manifestarono la reale volontà dei tedeschi di negoziare la resa.

Ma chi era in realtà il barone Luigi Parrilli?

Il barone Luigi Parrilli , come apprendiamo da un report dell’intelligence americana, era nato a Napoli il 19 marzo 1892 ed in seguito fu adottato dallo zio Michelangelo fu Giuseppe, per decreto della Corte di Appello di Catanzaro, l’11 novembre 1917. Successivamente aveva sposato Luisa Poss, figlia dell’industriale cotoniero milanese Alessandro Poss iscritto al PNF presso il Fascio di Varese fin dal 1932, il 20 ottobre 1939, era stato nominato finanche senatore fascista carica dalla quale decadde il 29 novembre 1945 con un’ordinanza emessa dall’Alta Corte di giustizia per le sanzioni contro il fascismo per “aver mantenuto il fascismo e resa possibile la guerra sia coi loro voti, sia con azioni individuali, tra cui la propaganda esercitata fuori e dentro il Senato”, confermata dalla Cassazione il 9 giugno 1947. Durante la guerra il barone Parrilli risiedeva a Milano in Corso Venezia 3, anche se possedeva anche un appartamento nella capitale in Via Gregoriana 36. Inoltre, era in possesso del passaporto n. 595204, rilasciato dal Consolato Generale italiano a New York che attestava la sua residenza anche nella città newyorkese.

Era stato membro del Partito Fascista dal 1923 al 1943 ed era un uomo di collegamento tra il Partito Fascista e l’ABWEHR. Si riteneva che Parrilli lavorasse come agente per il Capo della Sezione Controspionaggio dell’OSS, James Angleton, e anche per il referente dell’OSS in Svizzera Allen Welsh Dulles. Si diceva che il barone Parrilli fosse un agente doppiogiochista, che lavorava sia per i tedeschi che per gli Alleati e per il GIS, i quali nei loro dispacci spesso non esitavano a definirlo «senza scrupoli» e «un noto cospiratore»4. Difatti, da alcuni registri custoditi dalla Questura di Pavia risultava che il barone era

stato oggetto di una circolare della Questura di Pavia datata 7 luglio 1945 che lo citava come collaboratore delle SS tedesche. Questa circolare è stata successivamente revocata perché, dalle indagini svolte non sono emerse prove concrete di colpevolezza a suo carico. Dagli atti della Questura di Pavia risulta che Parrilli, il 26 settembre 1945, fu denunciato alla Procura locale per il reato di rapina ed estorsione perpetrato a Milano il 28 marzo 1945. Nel corso del processo, tuttavia, è stato dichiarato non colpevole5.

Inoltre, il 15 marzo 1950, la fonte MGLA-1494 della CIA, in un dispaccio in merito al viaggio a Roma, Madrid e Parigi compiuto nel gennaio dell’anno precedente dall’ODEUM – pseudonimo adoperato dalla CIA per indicare l’Organizzazione Gehlen, la famigerata rete di spionaggio antisovietica fondata nel giugno 1946 dalle autorità di occupazione statunitensi guidata dal Generalmajor della Wehrmacht Reinhard Gehlen -, riferiva:

Il Barone Luigi Parrilli. Nobilissimo italiano molto ricco. Influente nell’Ordine di Malta. È freddo e calcolatore come un pesce. Il profitto è l’unico incentivo a cui presta attenzione. Non si può fare affidamento sulla sua parola. Durante la guerra ha giocato su entrambi i fronti, incluso Allan Dulles. Ha diversi interessi commerciali e residenze negli Stati Uniti.

Credo che una pressione sul suo portafoglio lo spingerebbe a fare qualsiasi cosa. Soffre di pressione sanguigna estremamente alta. Anche sua moglie è molto malata e deve trascorrere gran parte del suo tempo a letto nelle Alpi italiane. Circa dal periodo di questo viaggio, l’organizzazione lo tiene in bassissima considerazione…6

Difatti, secondo le indagini condotte dall’intelligence americana, era venuto fuori che era stato uno dei principali agenti doppiogiochisti dell’Abteilung VI SD-Sezione estera dell’RSHA, il celebre servizio di spionaggio, i cui membri operavano nei paesi stranieri. Inoltre era anche Cavaliere dell’Ordine di Malta e ben introdotto in Vaticano. Del resto, come leggiamo nella relazione che Dollmann scrisse di proprio pugno nel 1948 e consegnò nelle mani di don Giovanni Barbareschi, il celebre prete delle Brigate Fiamme Verdi, Giusto tra le nazioni e medaglia d’argento della resistenza che, alla fine della guerra condusse il famigerato gerarca nazista sulle montagne di Campodolcino per far perdere le proprie tracce e salvarsi.

Il notissimo Barone Parrilli fu già noto al “Reichssicherheilbhaumptamt” di Berlino sotto il nome di battaglia “il Barone X”; lavorava dopo la prima guerra mondiale per la “Deuxieme Bureaux” francese ed a parte pare anche per il “SIM” italiano, truffando un’istituzione con l’altra. Essendosi arricchito enormemente comprando dalle autorità militari residui della guerra del 1918, si comprò splendide Ville o a Pegli o vicino alla frontiera svizzera, case a Roma e tenute nella Campagna Romana.

Dopo il 25 luglio 1943 s’avvicinò agli uffici del Col. Kappler di Roma, offrendo la sua collaborazione e fu davvero impegnato in lavori interni della Via Tasso, dipendendo direttamente dall’allora comandante, il Maggiore Schütz. I suoi superiori di allora lo definivano “degno della fama internazionale del Barone X” e si servirono di lui per preziose informazioni ed anzitutto per compilare quello storico elenco di persone sospettate che furono poi, fin dove possibile, arrestati dopo l’8 settembre 1943.

Il Parrilli si trasferì poi con i Tedeschi a Milano dopo la caduta di Roma, entrando là in intimi contatti sia con il Col. Rauff da un lato sia con il Ten. Zimmer dall’altro, servendosi di ambedue per i suoi scopi personali. Fu così che persuase un giorno lo Zimmer ad accettare un incontro con un noto capo-partigiano nell’ufficio suo in Via Matteotti; informando poi il Col. Rauff, questo entrava con i suoi uomini nel luogo dell’incontro, tradito dal Parrilli, arrestò il partigiano e lo fece poi fucilare. […]

Già nel dicembre del ‘44, avendo conosciuto e visto per la prima volta il Col. D[olmann] alla Prefettura di Pavia, aveva chiesto al Col. D[olmann] le possibilità esistenti per recarsi in Svizzera, facendo capire velatamente che, purché non rovinasse le sue terre e le sue industrie nella Valle Padana, sarebbe stato disposto a fare il messo della pace tramite il sopraddetto Husman. Ricevuto il consiglio di servirsi dell’Ambasciatore giapponese, esistente a Salò, seguì il consiglio, andò nel febbraio ‘45 in Svizzera, da dove il 3 marzo ‘45 invitò il Col. D[olmann] a venire a Lugano per intavolare le trattative di resa. Il Parrilli si offrì per questa missione.

a Per portarsi un “alibi” davanti al Comitato di Liberazione, odiatissimo per il fatto del partigiano soprascritto e di altri misfatti.

b Per coprirsi le spalle tramite gli Americani davanti alle future Autorità Italiane dopo la caduta di Salò, da dove aveva da aspettarsi gravissime accuse per causa della sua collaborazione con il Col. Kappler e con gli uffici dello “SD” di Roma e Milano.

c Per salvare le sue terre, ville, industrie in Italia settentrionale condannate a sicura rovina, se la guerra fosse continuata nella Valle Padana.

d. Avidissimo di danaro non voleva perdere il generoso premio promesso ed assicurato dallo “O.S.S” di Berna per lui ed il Prof. Husman per la loro collaborazione in materia di resa7.

A quanto pare Dollmann, dopo averlo conosciuto anni addietro, non si era fatto un giudizio lusinghiero sul conto del barone, considerato che nelle pagine successive di questa sua relazione annotava meticolosamente:

Fu però nella primavera del 1946 arrestato a Roma, esistendo contro di lui un mandato di cattura presso tutte le Questure, su richiesta del Prefetto di Pavia; doveva imporsi il Gran Quartier Generale di Caserta per liberarlo, implorato dal Parrilli. Attualmente sia il Vicecapo del C.I.C in Italia, Agent special Pagnotta sia il Capo della Polizia Americana, il Maggiore Corso, l’hanno nel 1947 dichiarato un ladro svergognato, chiamandolo il “Barone delle Predelle d’oro”, dichiarandosi pronti ad arrestarlo e accusandolo di varissimi crimini8.

Come riferisce un report dell’OSS Caserta OP-4 in data 7 settembre 1944 il barone Parrilli era allora conosciuto negli ambienti dell’intelligence americana anche con il nome in codice di “Barone Blume” ed era considerato un:

Uomo d’affari molto potente di nazionalità italiana e molto conosciuto dalla General Electric Company, per la quale era l’agente esclusivo in Europa per il dipartimento di refrigerazione dell’azienda. Aveva una casa al 34 Chestnut St., Kingston, New York. Ha anche un ufficio e un appartamento a Zurigo (Tel. n. 67173). Il suo direttore generale è il Sig. Willy. Il suo ufficio principale era a Parigi, 5 rue du Général Apert, dove conduceva i suoi affari internazionali. Nel novembre 1943, Parrilli aiutò il SIS (Servizio Segreto della Marina Italiana), offrendo loro un certo numero di trasmettitori radio che furono forniti alla Phonola Company di Milano. Tra l’altro, il Barone è anche proprietario della Phonola Company9.

Da un’indagine condotta tramite un dirigente della Nash Kelvinator Co., si scoprì anche che

per 15 anni Luigi Parrilli è stato il rappresentante europeo di Nash Kelvinator. Ha sposato una signorina Poss, figlia di un produttore tessile italiano. In quel periodo fu obbligato a diventare membro del Partito (presumibilmente Fascista), sebbene prima del suo matrimonio fosse un monarchico. Parla molte lingue, è molto capace e affidabile. Sebbene non sia stato sul libro paga dell’azienda dall’inizio della guerra, la Nash Kelvinator spera di riassumerlo come loro rappresentante europeo quando inizieranno a ristabilire filiali in Europa10.

Di conseguenza, dopo una riunione preliminare che si tenne il 28 febbraioDesenzano tra Karl Wolff, il plenipotenziario del Reich in Italia Rudolf Rahn, l’ufficiale delle SS Guido Zimmer e il capo della polizia segreta tedesca in Italia Wilhelm Harster, il 1º marzo 1945 fu deciso di inviare in Svizzera proprio Eugen Dollmann e Guido Zimmer per avere un colloquio chiarificatore con l’emissario dell’OSS[4]. Alcuni partigiani, in seguito, rimprovereranno al barone Parrilli di aver avuto rapporti piuttosto amichevoli e compiacenti con alcuni personaggi inquietanti delle SS. Tuttavia, a sua discolpa fu detto che avrebbe allacciato contatti con le SS al solo scopo di liberare gli ebrei dalle grinfie naziste, essendo stato determinante nel salvarne molti11. In effetti, compulsando i files che lo riguardano stilati proprio in quel periodo dall’intelligence americana nel memorandum top secret JZX-5385 del 5 novembre 1945 si legge:

È stato riferito che il Soggetto [barone Luigi Parrilli, nda] si trova attualmente a Roma. Ha fatto sapere a Enrico Kramer, tramite il capitano Bustelli della polizia svizzera, che lui (Parrilli) era responsabile dell’arresto di Kramer da parte dei tedeschi, ma che fu costretto a compiere questo passo. Ha chiesto un colloquio con Kramer per spiegare. Parrilli ha risposto che questa spiegazione sarebbe accettabile solo se presentata per iscritto12.

Nel resoconto steso dal tenente Kramer sul suo arresto avvenuto il 15 gennaio 1945 ad opera dell’Abt. IV AKO di Milano, viene indicato proprio il barone Parrilli come responsabile della fuga di notizie.

Il 15 gennaio 1945, l’Abt IV, AKO Milano ha arrestato il Ten. Enrico Kramer del Quartier Generale del CPL. Kramer, interrogato da JK19, fornisce il seguente resoconto del suo arresto.

Pochi giorni prima del suo arresto, la Gestapo aveva arrestato il suo caro amico, il Marchese Uberto Crivelli, con il sospetto di aver dato rifugio a un set w/t dell’intelligence Alleata.

Il giorno prima dell’arresto di Kramer, Edoardo Poss, cognato di Parrilli, invitò Kramer a venire nel suo ufficio in Corso del Littorio 10 il giorno seguente per vedere se, con l’aiuto di Parrilli, si potesse fare qualcosa per ottenere il rilascio di Crivelli.

Kramer afferma di essere andato all’ufficio e di aver avuto una conversazione generale e inconcludente con Poss e Parrilli. Dopo un po’, due agenti della Gestapo entrarono nell’ufficio e arrestarono Kramer, mentre Parrilli scoppiò a ridere. In quel momento, Poss supplicò Kramer di credere che non sapeva che il suo telefono fosse sotto controllo. Al telefono Kramer aveva usato solo il nome di Enrico. Alla sua successiva richiesta durante l’interrogatorio, a Kramer fu detto che Parrilli era stato responsabile del suo arresto.

Successivamente, Kramer fu inviato al campo di concentramento di Bolzano, ma fuggì durante il tragitto in Svizzera.

Il 26 aprile 1945, sulla base della dichiarazione di Kramer immediatamente dopo il suo ritorno in Italia, Poss fu arrestato. Tuttavia, lo stesso Kramer intervenne per ottenere il suo rilascio, sostenendo che mentre era certo della responsabilità di Parrilli, non poteva essere sicuro della complicità di Poss13.

A quel punto le autorità statunitensi ritennero doveroso svolgere delle accurate indagini per risalire al suo background precedente ed ai legami allacciati dal barone Parrilli con l’entourage nazista e fascista. Ecco qui di seguito il questionario commissionato dall’intelligenze americana che comprendeva ben 27 domande che, per dare un’idea precisa del fitto reticolo di conoscenze del personaggio in questione, riportiamo qui di seguito:

  1. Tutti i dettagli sul background del Partito Fascista, se ce ne sono. Ciò include la data di iscrizione al Partito, la partecipazione alle attività del PNF, le relazioni con i leader fascisti di spicco, ecc. In particolare, si desidera conoscere i dettagli dei presunti contatti del soggetto con Achille STARACE.

2. Qual era l’attività specifica del soggetto allo scoppio e durante la guerra fino al settembre 1943? Quali erano i suoi contatti tedeschi durante questo periodo: chi?, come si sono formati?, natura delle relazioni?

  1. Quali contatti aveva il soggetto con l’Ambasciata tedesca a Roma: chi?, come si sono formati?, natura e portata delle relazioni? Il soggetto ha avuto in qualche momento contatti con Kappler, et al. a Roma o altrove? In caso affermativo, dettagli?
  2. Natura dei contatti con la Baronessa Gunhilde THYSSEN, nata von FABRICE.
  3. Tutti i dettagli sul contatto, se esistente, con Hans Wilhelm EGGEN.
  4. Contatti del soggetto con, e attività di, Teato TUNNINETTI.
  5. Tutti i dettagli sul background e il rilascio, il 5 novembre 1943, del permesso d’armi al soggetto da parte dell’EINSATZKOMMANDO Rom, BdS ITALIEN.

8. Motivi e persone contattate durante il viaggio del soggetto in Romania nell’agosto 1943. Questo viaggio è stato facilitato in qualche modo dalle autorità tedesche? Se sì, da chi? e perché?

  1. Dettagli completi, preferibilmente in successione cronologica, dei contatti tra il soggetto (e sua moglie) con il Maggiore ENGELS a Genova. Ciò dovrebbe coprire punti come: quando e come è iniziato il contatto?, perché e su quale base è continuato?, con chi altro della suite di ENGELS il soggetto era in contatto?, qual era la frequenza dei contatti?, delle chiamate telefoniche?

[[52-60]] [Continua con una serie di domande dettagliate su vari contatti, attività e relazioni del soggetto durante il periodo bellico e immediatamente successivo. Le domande coprono un’ampia gamma di temi, tra cui:

  • Contatti con varie personalità tedesche e italiane
  • Coinvolgimento in arresti e attività di intelligence
  • Relazioni con varie organizzazioni tedesche
  • Partecipazione a negoziati di pace
  • Conoscenza di varie figure chiave del periodo
  • Dettagli su transazioni finanziarie e favori ricevuti
  • Informazioni su vari individui e loro relazioni]

Il soggetto ha mai discusso con Engels le condizioni e le personalità delle forze Repubblicane? O qualsiasi altro argomento di contenuto politico? Quali favori, personali o di altro tipo, Engels ha concesso al soggetto in cambio dell’ospitalità e della devozione del soggetto? Quando è stata l’ultima volta, e in quali circostanze, che il soggetto ha visto, sentito o parlato con Engels? Cosa sa il soggetto dell’arresto a Genova di Luiso Tristano, Dattilo, Aldo Montesi, Maria Giovanna e Alberto Brandi Falso da parte dell’AKO Genova, giugno- settembre 1944?

  1. Al soggetto è chiesto di spiegare in dettaglio i suoi contatti a Genova con i seguenti: Maurizio Morris, Piero Ziccardi di Lucca, l’Ammiraglio Fronco e Vero Roberti. In particolare, al soggetto è chiesto di spiegare il suo possesso alla fine del 1943 di circa 12 apparecchi radio, che aveva accettato di passare a VESPA. Perché non furono mai consegnati?
  1. Quali erano i contatti del soggetto con Ziccardi, Bruni, Dado e Zucca, dopo l’arresto di Tristano, sopra menzionato? Cosa sa il soggetto delle attività di Raffaele Di Donato? Cosa sa il soggetto dell’arresto di Ziccardi a Milano nell’agosto 1944?
  2. Tutti i dettagli sui contatti con i seguenti: Ugo Osteria Dr. Ugo, Valerio Benuzzi, Andrea Zolyomy Bandy, Don Bicchierai.
  3. Tutti i dettagli sul contatto con Maurizio Ricciulli Maro, dopo l’arresto di Ziccardi. Perché Ziccardi non fu rilasciato il 10 ottobre 1944, come il soggetto avrebbe assicurato a Ricciulli il 20 settembre? Dettagli completi sul tentativo del soggetto di procurare documenti falsi per Zimmer attraverso Ricciulli. Qual era la natura dell’accordo tra il soggetto e Ricciulli per questi documenti? Come ha scoperto Saevecke che Ziccardi era coinvolto in questo affare? Dove ha ottenuto il soggetto il falso documento Todt che ha fornito a Ricciulli il 6 settembre? Il soggetto ha garantito a Saevecke che Ettore Dado, il nome sotto il quale Ziccardi fu arrestato il 24 agosto 1944, era autentico e conosciuto da lui; come ha giustificato questo passo quando Ziccardi fu costretto sotto coercizione un mese dopo ad ammettere la sua vera identità?
  1. Dettagli completi sui contatti con Ruk, Milano. Il soggetto era in contatto con qualsiasi altro ufficio economico o industriale tedesco a Milano?
  2. Qual è la versione del soggetto sull’arresto di Crivelli e che ruolo ha avuto nell’arresto del Ten. Enrico Kramer, il 15 gennaio 1945? Si desiderano tutti i dettagli sul coinvolgimento di Eduardo Poss in questa vicenda. Chi contattò Kramer per la prima volta?, quali furono le circostanze dell’arresto? ecc. Il soggetto ha inviato, dopo l’armistizio, un messaggio a Kramer, tramite il Capitano Bustelli della polizia svizzera, ammettendo di essere stato responsabile dell’arresto di Kramer? Se sì, dettagli completi.
  3. Il soggetto o sua moglie hanno mai ricevuto denaro, sia in contanti che in assegno, dal BdS Italien? Qual era la natura delle relazioni tra il soggetto e sua moglie e il Dr. e la Sig.ra Cavallo? Il soggetto ha ricevuto benzina, olio o altri beni come regalo o favore, direttamente o indirettamente, da funzionari SD a Milano o Genova o da qualsiasi funzionario tedesco?
  4. Quando il soggetto ha parlato per la prima volta con Dollmann sulla possibilità di negoziati di pace? In quali circostanze? Su iniziativa di chi? Con quali tedeschi era in contatto il soggetto riguardo ai negoziati? Si richiedono dettagli completi sugli incontri e le conversazioni del soggetto con i funzionari tedeschi delle SS e dell’Esercito da febbraio ad aprile 1945. Qual è la relazione tra le attività di Prager per conto dei tedeschi nell’ottobre 1944 e le attività del soggetto nel febbraio 1945?
  5. Dettagli completi sui contatti, se esistenti, con i seguenti: Fiorelli Renato, Hofer Werner (106773), Holze (Sondrio), Rauff Obst. (Hetel Regina), Kappler, Schutz (R 767168), K.R.U., Heinisch Ingr., Muller Franken, Wurm (84669) Via Cimarosa 22, Hinger Ruth noc Seiffert, Voetterl (Cernobbio),
  6. Dettagli completi sulla relazione del soggetto con Zimmer: quando è iniziata? In quali circostanze? Sviluppo cronologico della relazione? La proposta di Zimmer per i negoziati di pace. Cosa sa il soggetto del lavoro di Zimmer a Milano? Chi erano alcuni degli altri italiani a Milano in contatto con Zimmer? Il soggetto ha mai sentito parlare di Hurgel? Se sì, in quale contesto – dettagli completi.
  7. Cosa sa di Herr von FISCHE, o Hans FISCHER, che risiedeva a Como? Quanti incontri o conferenze ha avuto con lui su questioni in cui era coinvolto il Ten. Zimmer? Dove e quando si sono svolti questi incontri?
  8. Cosa sa del Principe von Furstenberg? Stesse domande come per il punto (20).
  9. Fornisca una biografia il più dettagliata possibile del Generale Leyers, del R.U.K.
  10. Per favore, fornisca i dettagli biografici che può su:

a) La Signora Josefina Po(ss) (?) Dove vive? Quali erano le relazioni tra lei e il Generale Schellenberg?

b) Chi è Emilio Po(ss), marito della suddetta? Vive a Bergamo, dove ha una fabbrica di seta?

c) Dove vive Giorgio P(oss), il fratello di Emilio Po(ss)?

24. Quali incontri ha avuto a Milano o altrove con il Rittmeister Ferdinand Thun? Con l’Hauptsturmführer Saevecke?

25. Quali erano le sue relazioni con Galiardo de Pohl, di Gallarate? Perché lo ha presentato al Ten. Zimmer?

26. Esattamente quali approcci ha fatto il Conte Eduardo Boss al Ten. Zimmer riguardo al lavoro per la causa tedesca? Zimmer o Boss le hanno chiesto di presentarli l’uno all’altro? Come è successo che questi due si sono incontrati tramite lei?

27. Esattamente quale influenza ha usato l’Ambasciatore svizzero per farle ottenere un passaporto per la Svizzera? Quando? Quanti contatti ha avuto con lui?14

I contatti tra Dollmann ed il Barone Parrilli.

Comunque sia, a quanto pare Parrilli compì ben tredici viaggi oltre confine come corriere per portare a termine questa missione. Al barone il giovane Zimmer riferì che alti ufficiali delle SS – per esempio, lo Standartenführer Eugen Dollmann, e persino il potente Karl Wolff stavano parlando tra loro di come si potesse entrare in contatto con gli Alleati al fine di porre fine a una guerra senza alcuna speranza di vittoria, salvando così la propria vita. Parrilli, scoprendo rapidamente di non avere alcun accesso diretto alle autorità alleate, pensò al suo vecchio maestro di scuola in Svizzera. Il dottor Max Husmann, un ebreo di origine galiziana, proprietario e direttore dell’Istituto Montana sullo Zugerberg, vicino a Zurigo, che circolava ovunque in Svizzera15. In un report dell’intelligence americana si apprende che:

Ha sempre collaborato con i fascisti e durante la guerra ha sempre avuto nella sua scuola da 20 a 25 figli di importanti fascisti e aristocratici italiani. Aveva anche connessioni con Ciano, dal quale era protetto. Durante la guerra ricevette un’assegnazione extra di valuta estera per la sua scuola. Non si è sentito nulla di buono sul suo carattere. La dichiarazione ampiamente pubblicizzata di un intervento nell’Italia settentrionale sembra avere un duplice scopo: primo, salvare il suo onore e riabilitazione nel caso in cui le sue connessioni con i fascisti diventassero note, secondo, pubblicità personale per sé e per la sua scuola. Un fratello del Dr. Max Husmann dirige l’Istituto Minerva a Zurigo16.

In effetti l’agente segreto americano in questo report aveva proprio colto nel segno considerato che il dr. Hussmann il 22 agosto 1945 si recò a Berna, mostrando al suo interlocutore

una lettera di Dollmann, ricevuta da un campo di internamento, in cui Dollmann esprimeva la sua delusione per il fatto che il suo ruolo in Sunrise non avesse meritato un trattamento migliore.

Era evidente che la lettera di Dollmann era solo un pretesto. Husmann aveva qualcosa in mente. In modo molto indiretto, molto discreto, in diverse centinaia di parole ben scelte, ha suggerito che anche lui meritava qualcosa di più, un qualche riconoscimento, un’attestazione tangibile del ruolo che aveva svolto. Non vuole ringraziamenti, né una ricompensa, ma semplicemente una dichiarazione da parte degli Alleati che confermi il ruolo che lui afferma di aver avuto in Sunrise. Lui e Waibel stanno subendo attacchi, talvolta aspri, talvolta subdoli. Mi ha dato il ritaglio di giornale allegato per mostrare il tipo di dichiarazioni che vengono fatte; e c’è dell’altro. Probabilmente sei consapevole della rissa che si sta preparando in Svizzera. Dopo 6 anni di lavoro di squadra, i servizi si stanno mettendo le mani addosso l’un l’altro, con i temperamenti esacerbati dalla stretta e spesso spiacevole collaborazione. Il servizio segreto svizzero (SR) è nel bel mezzo di tutto ciò e Husmann, un semplice civile, probabilmente sta cercando di difendersi. Mentre parlavo con lui, ho avuto la netta impressione che fosse venuto in cerca di protezione17.

Tramite il suo amico Max Waibel, dottore in filosofia e maggiore dell’intelligence nello stato maggiore dell’esercito svizzero, il dottor Husmann riuscì a chiudere il cerchio. Difatti, dopo aver atteso alcune settimane, riuscì ad ottenere il visto per recarsi a Zurigo grazie al suo amico, il dottor Max Husmann, che provvide a versare a suo favore una cauzione di ben 10.000 franchi. Waibel ha portato Husmann e le sue informazioni all’unico uomo in Svizzera in grado di gestirle in modo efficace, Allen W. Dulles, il rappresentante capo dell’OSS in Svizzera. Uomo dalle tante risorse, Dulles si era intrufolato nel territorio elvetico fin nell’autunno del 1942, poche ore dopo che i nazisti avevano chiuso il confine francese prendendo il controllo della Francia. Il maggiore Waibel, in seguito, riferì che il barone Parrilli era persuaso che alcuni tedeschi

sperassero di ritrovarsi alla fine a combattere insieme [agli americani] contro i russi [e] l’idea di staccare gli Alleati occidentali dai russi fu l’ultima grande speranza della leadership tedesca, e attraversò come un filo rosso l’intero corso dei negoziati18.

Tra il primo sondaggio di Husmann su Dulles e il primo colloquio di Dulles con il barone Luigi Parrilli trascorse un mese. Quel ritardo fu dovuto allo scetticismo svizzero e alla riluttanza degli americani. Solo a fine febbraio le autorità svizzere accettarono la tesi secondo cui avevano un interesse nella resa ordinata dell’Italia settentrionale, preservando l’economia di quella regione. Incontrando Parrilli a fine febbraio, Dulles accettò di ricevere un emissario nazista debitamente autenticato, sottolineando, tuttavia, che i termini dovessero essere la resa incondizionata a tutti gli Alleati. I cospiratori nazisti scelsero Dollmann per tentare un primo approccio. A quel tempo il professor Husmann, impegnato anima e corpo nella causa della pace, pensò che fosse suo dovere recarsi in Italia per indottrinare Dollmann, facendogli credere che gli americani non avrebbero negoziato i termini, lo avrebbero respinto se fosse venuto da Himmler.

Da sinistra: Max Husmann, Max Waibel e Luigi Parilli a Lucerna.

Sebbene Dollmann, descritto come “una personalità vivida, capricciosa ed egoista”, avesse il prestigio di un ufficiale di collegamento tra Kesselring, Wolff e il generalissimo di Mussolini, Graziani, Dulles non lo ricevette personalmente. Invece mandò un suo emissario a conferire con lui in una sala privata nel ristorante Bianchi a Lugano. Questo primo incontro tra Dollmann e Zimmer con Parrilli e l’emissario statunitense Paul Blum avvenne il 3 marzo a Lugano. Blum si limitò a simulare, come prova di buona fede, la consegna alla frontiera svizzera di due importanti capi partigiani italiani tenuti prigionieri dai nazisti: l’azionista Ferruccio Parri, vicecomandante del CVL e il maggiore Antonio Usmiani, un ufficiale dalmata nativo di Pola che aveva collaborato con gli americani. Si era rifugiato in Svizzera dopo un fallito tentativo di organizzare la resistenza e qui entrò in contatto con Allen W. Dulles, che lo convinse a costituire una rete di informatori in territorio italiano mettendo in piedi la cosiddetta rete U 16, operando tra la Valle d’Aosta e la Venezia Giulia. Il 1° febbraio 1945, tuttavia, fu arrestato a Milano e rinchiuso nel carcere di S. Vittore da dove ne uscirà soltanto il 7 marzo successivo insieme a Parri. Lasciata aperta la porta alle trattative, Dollmann andò via, promettendo di rimandare indietro qualcuno di rango superiore.

Ristorante Bianchi a Lugano.

Il 4 marzo si tenne a Fasano, nei pressi di Gardone Riviera, presso il quartier generale di Wolff, un incontro al vertice tra Wolff, Rahn e Dollmann, appena rientrato dalla Svizzera per riferire sulle richieste espresse da Dulles. In questa circostanza fu deciso, in segno di distensione, di liberare Parri e Usmiani come contropartita per l’incontro che si svolse, nel più stretto riserbo, l’8 marzo successivo in un albergo di Zurigo tra Wolff ed il capo dell’OSS in Svizzera Allen Dulles, per concordare la resa delle forze tedesche in Italia ed il passaggio dei poteri agli alleati. A questo incontro parteciparono il barone Parrilli e l’aiutante di Dulles Gavernitz, ai quali si aggiunse nel pomeriggio anche Dollmann19.

NARA, SPECIAL COLLECTION, Collection: Nazi War Crimes Disclosure Act, Document Number (FOIA) /ESDN (CREST): 519697ed993294098d50ce41,/specialCollection/nwcda2/33/PARILLI, LUIGI/PARILLI, LUIGI_0008.pdf .

Dulles incontrò il generale delle SS nel suo appartamento di Zurigo. Erano presenti anche il tedesco-americano Gaevernitz e il prof. Husmann. Mentre Dulles ascoltava impassibile, Wolff spiegò che sia lui che Kesselring sapevano che la guerra era persa e desideravano ritirarsi, senza fare riferimento a Hitler o Himmler, per evitare ulteriore spargimento di sangue e la distruzione dell’Italia settentrionale. A differenza di Dollmann, non parlò del suo destino personale, se non dicendo che, non essendo un criminale di guerra, non aveva paura della giustizia alleata. Promettendo di consegnare l’Italia settentrionale a Dulles su un piatto d’argento, accettò, in ulteriore segno di buona fede, di consegnare in Svizzera diverse centinaia di ebrei internati, di assumersi personalmente la responsabilità del benessere di 350 prigionieri di guerra americani e britannici a Mantova e di liberare un altro importante leader della resistenza, Sogno Franci.

Ma ecco come viene descritta questa operazione in un circostanziato report redatto il 22 maggio 1945 dal suo ufficio di Berna dal maj. General William J. Donovan ad Allen Dulles e Gero von Gaevernitz:

Questa era la situazione quando, verso la fine di febbraio, un importante industriale italiano, il barone Luigi Parrilli, incontrò G.G. (Gero von Gaevernitz) a Lucerna, presentato da un amico svizzero di fiducia. Parrilli dichiarò che alcuni importanti funzionari tedeschi nel Nord Italia, tra cui il generale delle SS Wolff, desideravano stabilire un contatto con gli Alleati, al fine di porre fine alla resistenza tedesca nel Nord Italia. Si diceva che Wolff fosse pronto a organizzare la consegna del Nord Italia agli Alleati, a condizioni che avrebbero evitato inutili spargimenti di sangue e protetto da una distruzione gratuita i tesori artistici, gli stabilimenti industriali e le centrali elettriche di quella ricca area. Eravamo soddisfatti della buona fede del nostro amico svizzero, che in nessuna circostanza si sarebbe lasciato usare consapevolmente dai tedeschi. Abbiamo indagato sulla posizione del barone Parrilli e, sebbene avessimo poche informazioni sul suo recente passato sotto i fascisti, abbiamo appreso che prima della guerra era stato per anni il rappresentante nel Nord Italia di una nota società americana. Un’inchiesta radiofonica a Washington ha confermato che era stato per 15 anni il rappresentante europeo di quella società, che i suoi datori di lavoro americani lo avevano considerato un uomo capace. La radio ha aggiunto il commento rassicurante, basato sulle informazioni della società americana, “potete contare su di lui se dà la sua parola”. Tuttavia, è vero che è venuto da noi con la piena conoscenza di alcuni tedeschi e delle S.S. e noi eravamo in guardia. Parrilli tornò in Italia dall’incontro di Lucerna e il 2 marzo ci giunse la notizia che uno degli assistenti principali del generale Wolff, lo Standartenfuehrer Dollmann, e l’aiutante di Wolff, Max (Guido) Zimmer, insieme a Parrilli, stavano arrivando a Lugano per accertarsi se fosse possibile stabilire un contatto. Decidemmo con cautela di rischiare di scoprire cosa volessero questi uomini. Il curriculum di Dollmann ci era ben noto. Aveva giocato un ruolo considerevole in patria e aveva affermato, forse con qualche fondamento, di aver avuto una parte nel salvare Roma dalla distruzione, quando era stata evacuata dai tedeschi. Aveva aiutato a salvare alcune personalità italiane, forse a volte dietro compenso, ma in ogni caso il suo curriculum dimostrava che era uno dei più realisti e meno fanatici delle S.S.

Uno degli associati di A.W.D. (Allen W. Dulles) stava andando a Lugano per altri affari; fu brevemente informato e gli fu spiegato il contesto della questione. Le sue istruzioni erano di ascoltare ciò che Dollmann aveva da dire, di non fare commenti e di riferire. Mentre partiva per Lugano, A.W.D. gli consegnò su un foglio di carta due nomi; uno era il nome di Ferruccio Parri, un leader di spicco del movimento di resistenza italiano, che dopo mesi di attività clandestina a Milano con il CLNAI (Comitato di Liberazione Nazionale per l’Italia Settentrionale) era stato finalmente rintracciato dai tedeschi e si trovava nelle prigioni sotterranee di Verona. L’altro nome era quello del maggiore Usmiani, che aveva sviluppato un’importante rete di intelligence nel Nord Italia, era stato catturato e imprigionato nel famoso carcere italiano di San Vittore a Milano. A.W.D. disse al suo socio di avvisare Dollmann che se erano davvero seri nelle loro intenzioni, avrebbero dovuto, come prova, rilasciare immediatamente e incondizionatamente questi due uomini a lui in Svizzera.

L’incontro ebbe luogo in sordina a Lugano il 3 marzo. In questa occasione era presente anche il professor Max Husmann, un importante cittadino svizzero e direttore di una scuola per ragazzi vicino a Zurigo. Husmann era amico del barone Parrilli e aveva avuto stretti rapporti con molte personalità italiane di spicco. Svolse un ruolo di primo piano durante le conversazioni che seguirono e agì come uno dei nostri intermediari svizzeri. Disse ai tedeschi alcune semplici verità sulla loro situazione e su cosa avrebbero dovuto fare. […] Disilluse i tedeschi dall’idea che potessero o negoziare i termini della resa incondizionata, o basare qualsiasi speranza su una rottura tra anglosassoni e russi.

L’incontro con il rappresentante di A.W.D. (Allen W Dulles) fu breve. Dollmann indicò che desiderava semplicemente accertare se fosse stato stabilito un canale sicuro di comunicazione. Previa conferma, sarebbe tornato l’8 marzo, dopo una consultazione presso il quartier generale del generale Wolff a Fasano, e avrebbe quindi portato credenziali e proposte definitive. Disse che avrebbe fatto il possibile per liberare i due patrioti italiani che avevamo chiesto. Al professor Husmann, Dollmann indicò che Kesselring, allora comandante in capo nel Nord Italia, Wolff, l’ambasciatore Rahn e Harster, erano tutti inclusi nel gruppo per il quale stava parlando, e che la proposta che sarebbe stata portata al prossimo incontro riguardava la resa delle forze tedesche nel Nord Italia.

Questi sviluppi furono ampiamente riferiti a Washington, Londra e all’AFHQ di Caserta, con l’aggiunta dell’osservazione che, a meno che non ci venisse impartito un ordine contrario, avremmo ascoltato ciò che gli emissari avevano da dire l’8 marzo. In questo messaggio, facevamo riferimento a un commento che avevamo precedentemente ricevuto dall’AFHQ, secondo cui se Kesselring avesse voluto trattare per la resa, avrebbe potuto trovare il modo di inviare un emissario attraverso le linee. Abbiamo sottolineato che se il gruppo di Kesselring avesse voluto elaborare una resa, avrebbe dovuto agire con la massima segretezza, per timore che i suoi movimenti fossero traditi dai nazisti fanatici nell’entourage di Kesselring, che la normale procedura di invio di un aeroplano o di invio di un messaggero attraverso le linee in Italia avrebbe potuto rivelarsi difficile, ma che era relativamente facile per alti funzionari tedeschi venire in Svizzera senza destare sospetti, poiché lo avevano fatto per un considerevole periodo di tempo.

Da Londra, abbiamo ricevuto per nostra guida la seguente descrizione generale di Dollmann. Era stato inviato in Italia già nel 1933 da Himmler, era diventato consigliere ufficiale di von Mackensen, l’ambasciatore tedesco, era stato ufficiale di collegamento tra il generale Wolff, Kesselring e Graziani. I circoli militari cercavano il suo consiglio su questioni politiche e Kesselring si rivolgeva spesso a lui. Aveva contatti influenti in Italia e si diceva che fosse abbastanza realista da rendersi conto che la Germania aveva perso la guerra; una personalità vivida, capricciosa ed egoista.

III. Il generale Wolff appare sulla scena:

L’8 marzo, A.W.D. (Allen W. Dulles) comunicò via radio a Washington e all’AFHQ che il generale Wolff, insieme a Dollman e altri, era arrivato in Svizzera sostenendo di essere pronto a parlare definitivamente e che ci proponevamo di vedere cosa avevano da dire. La sera dell’8 marzo, a Zurigo, A.W.D. (Allen W. Dulles) e G.G. (Gero von Gaevernitz) ricevettero Wolff nell’appartamento di A.W.D. in quella città. Rifiutammo di incontrare gli altri compagni di Wolff, affermando che se Wolff avesse avuto qualcosa da dire, sarebbe potuto venire da solo da noi e raccontarci la sua storia. Prima che l’incontro avesse luogo, Wolff inviò i suoi documenti di identità e un suo memorandum. […]

Questi riferimenti, più una certa quantità di dati di base da altre fonti, ci hanno influenzato meno del fatto che Wolff ci abbia rilasciato, prima ancora che accettassimo di vederlo, Parri e Usmiani, che A.W.D. incontrò poche ore dopo in una clinica di Zurigo. Almeno era un uomo di potere, e a quel punto eravamo più interessati al suo potere che alla sua morale. Non ci aspettavamo di trovare in questo SS General un insegnante di scuola domenicale.

L’incontro con Parri e Usmiani fu drammatico; entrambi erano amici personali intimi di A.W.D. per i lunghi mesi di lavoro con le forze di liberazione italiane. Erano stati fatti uscire dalle rispettive prigioni sotto la guardia delle SS, credendo che sarebbero andati alla squadra di fucilazione o, cosa quasi peggiore, alla deportazione in Germania. Con loro totale sconcerto, furono consegnati alla frontiera svizzera senza una parola di spiegazione e portati a Zurigo dai nostri amici svizzeri. Non riuscivano quasi a crederci quando A.W.D. disse loro che erano incondizionatamente liberi di continuare il loro lavoro per la liberazione dell’Italia.

Il primo incontro tra A.W.D., G.G. e Wolff durò circa un’ora. Wolff diede l’impressione di un uomo energico. Non sprecò parole e non tentò di contrattare per sé stesso. Disse di non aver commesso alcun crimine e di essere disposto a mantenere la sua fedina penale. Non contestò né la disperazione della posizione militare tedesca, né il fatto che gli eserciti tedeschi dovessero arrendersi incondizionatamente. Disse di essere completamente convinto della necessità di un’azione immediata, che credeva di poter convincere Kesselring al suo piano e che avrebbe proceduto immediatamente per cercare di farlo. Il giorno dopo, il 9 marzo, in una lunga conversazione che Wolff e Dollmann ebbero con G.G., Wolff dichiarò che, secondo lui, era giunto il momento in cui un tedesco con il potere di agire avrebbe dovuto guidare la Germania fuori dalla guerra per porre fine all’inutile distruzione materiale e umana, che era disposto ad agire e sentiva di poter convincere Kesselring a unirsi, che insieme controllavano l’intera situazione nell’Italia settentrionale e che, per quanto riguardava le forze delle SS, lui, Wolff, aveva autorità anche nel Vorarlberg e nel Tirolo, compresi gli accessi sia a nord che a sud del passo del Brennero, che se lui e Kesselring avessero intrapreso un’azione congiunta, Himmler non sarebbe stato in grado di prendere contromisure efficaci e che la loro azione congiunta avrebbe avuto ripercussioni vitali sugli eserciti tedeschi altrove, poiché molti generali tedeschi stavano solo aspettando che qualcuno prendesse il comando. Wolff quindi delineò la procedura che aveva in mente:

  1. Avrebbe incontrato Kesselring nel fine settimana per ottenere da lui un impegno definitivo per un’azione congiunta. Disse di avere avuto i rapporti personali più stretti con Kesselring per diversi anni. Indicò che il problema di Kesselring era come conciliare la sua azione con il suo giuramento di fedeltà al Führer. Kesselring durante la sua lunga carriera militare aveva sempre mantenuto il suo giuramento e sentiva di essere ormai troppo vecchio per cambiare le sue abitudini. Wolff credeva, tuttavia, che avrebbe potuto essere convinto dell’insensatezza della lotta e della consapevolezza che il suo dovere verso il popolo tedesco era superiore a quello basato sul suo giuramento al Führer.
  2. Avrebbe redatto con Kesselring un appello da far firmare a loro, Hahn e altri, esponendo l’inutilità della lotta, la loro responsabilità verso il popolo tedesco di porvi fine e invitando i comandanti e gli altri militari in generale a dissociarsi dal controllo di Hitler e Himmler. La dichiarazione avrebbe anche annunciato che le ostilità nel Nord Italia sarebbero state interrotte dai tedeschi.
  3. Un’azione radiofonica e di volantinaggio sarebbe stata predisposta per far arrivare il messaggio al popolo tedesco, all’esercito e ai suoi “comandanti”.
  4. A patto che Kesselring potesse essere convinto, Wolff credeva che lui, Kesselring, sarebbe venuto clandestinamente in Svizzera entro una settimana per incontrare i nostri militari e coordinare le misure tecniche di resa militare con l’appello di cui sopra. Apparentemente, nessuno nello staff immediato di Kesselring era particolarmente adatto a fare questo per lui. Il suo capo di stato maggiore Panzer-General Roettiger, che in seguito si dimostrò uno dei più convinti sostenitori di Wolff, non era ancora a conoscenza del progetto.

A dimostrazione della sua capacità di agire, oltre ai passi già compiuti per liberare Parri e Usmiani – e qui va notato che consegnando Parri, Wolff ci aveva consegnato il suo ostaggio italiano più importante – dichiarò di essere pronto a compiere immediatamente i seguenti passi:

  1. Interrompere la guerra attiva contro i partigiani, limitandosi a mantenere le necessarie pretese in attesa dell’esecuzione del piano.
  2. Rilascio in Svizzera di diverse centinaia di ebrei internati a Bolzano.
  3. Assumersi la piena responsabilità della sicurezza e del trattamento di 350 prigionieri britannici e americani a Mantova, di cui 150 erano in un ospedale e 200 in un campo nella periferia meridionale della città. Affermò che si trattava di tutti i prigionieri americani o britannici detenuti nell’Italia settentrionale, poiché tutti gli altri erano stati trasferiti in Germania.
  4. Rilasciare in Svizzera, se fosse stato rintracciato, Sogno Franci, il noto patriota collaboratore del C.L.N.A.I.
  5. Facilitare il più possibile il rientro nell’Italia settentrionale degli ufficiali italiani detenuti in Germania che potrebbero rivelarsi utili nel periodo successivo alle ostilità.

Wolff affermò, e noi lo incalzammo con forza su questo punto, che stava agendo in modo completamente indipendente da Himmler, che non aveva informazioni sulle attività di Wolff in Svizzera. Questo era un punto cruciale. Wolff ci stava dicendo la verità? – si chiedeva Donovan –

Wolff chiarì nei suoi colloqui con noi che la sua capacità di portare a termine il suo programma dipendeva in larga misura dall’assicurarsi la cooperazione di Kesselring. Un’azione coordinata e combinata della Wermarcht e delle S.S. sarebbe stata necessaria per realizzare una resa completa nel Nord Italia20.


La firma di Guido Zimmer della resa a Caserta il 29 aprile 1945.

In un dispaccio ufficiale N. MGL-A-192 del 9 agosto 1949, inviato al Responsabile della filiale estera M dal Capo della Stazione di Karlsruhe avente per oggetto l’attività del barone Parrilli, si apprendono altri particolari molto interessanti che riteniamo opportuno riportare qui di seguito per comprendere meglio la cifra del personaggio di cui stiamo parlando:

  1. Nel corso di diversi incontri tenuti con il Dr. Schneider e suo fratello, si è cercato di ottenere un quadro chiaro del rapporto del Dr. Schneider con Parrilli e della missione di quest’ultimo in Germania.
  2. Parrilli è ancora l’Inviato Straordinario e Ministro Plenipotenziario dell’Ordine di Malta presso il governo bavarese e le autorità di occupazione americane a Monaco. È in questa veste che Parrilli fa le sue brevi apparizioni a Monaco e si mette in contatto con il Dr. Schneider per discutere questioni relative all’Ordine. Durante la sua ultima visita qui nell’aprile 1949, ha chiesto al Dr. Schneider di presentarlo a importanti uomini d’affari tedeschi con i quali Parrilli desiderava scambiare merci italiane con merci tedesche. Il Dr. Schneider, anch’egli interessato a tali transazioni nella speranza di ottenere valuta forte per la sua organizzazione, lo ha presentato al Principe Albrecht di Baviera e attraverso di lui a industriali come Messerschmitt. Il Principe Albrecht è a capo di un’organizzazione il cui scopo è assistere i rifugiati tedeschi nell’emigrazione verso i paesi sudamericani, ma è fortemente ostacolato dalla mancanza di strumenti in dollari. Durante queste trattative preliminari sullo scambio internazionale di merci, Parrilli ha avanzato la proposta di importare parte della merce in Germania sotto le sembianze di beneficenza attraverso l’organizzazione “Caritas” al fine di evitare i dazi doganali tedeschi. Quando il Dr. Schneider ha sentito questa proposta, si è rifiutato di avere ulteriori rapporti con Parrilli e ha anche avvertito il Principe Albrecht delle reali intenzioni di Parrilli. Questo sembra spiegare la situazione piuttosto imbarazzante del Dr. Schneider nei suoi rapporti con Parrilli.
  1. Parrilli ha anche chiesto al Dr. Schneider di usare la sua influenza per ottenere un permesso di ingresso in Germania per Dollmann, ma il Dr. Schneider si è rifiutato di fornire assistenza perché considera Dollmann ancora un membro delle SS con una visione politica piuttosto discutibile. Nel frattempo, si è appreso che Parrilli ha procurato un passaporto italiano per Dollmann che, come “Signor Eugenio”, è stato visto frequentemente in compagnia di Parrilli a Locarno, in Svizzera.
  2. È interessante notare che persino i circoli delle SS, incluso il Generale Wolff, hanno un’opinione piuttosto bassa di Parrilli, che viene descritto come un mercenario a tutti gli effetti che utilizza le sue funzioni ufficiali per il proprio profitto personale. Il fratello del Dr. Schneider ha sentito voci a Roma secondo cui Parrilli avrebbe recentemente litigato con il suo vecchio amico Hussmann sulla divisione di alcuni fondi che quest’ultimo aveva ottenuto attraverso canali di intelligence sconosciuti.
  3. Il Dr. Schneider ha promesso di tenerci pienamente informati sulle attività di Parrilli se e quando quest’ultimo dovesse fare un’altra apparizione a Monaco21.

Dopo la guerra, tuttavia, il barone Parrilli sarà arrestato dalle Forze Alleate, anche se fu rilasciato poco dopo. Nell’immediato dopoguerra, del resto, molte figure influenti cercarono di riscrivere la storia a proprio favore. Un esempio emblematico è il caso del barone Parrilli, il cui desiderio di ottenere riconoscimento e gloria lo portò a sponsorizzare articoli scritti da Villa. Questo documento, declassificato dalla CIA, getta luce su un intrigo che coinvolgeva anche il Cardinale Schuster e altri personaggi di spicco dell’epoca. Il barone Parrilli, era un personaggio ambizioso, stimava profondamente Paul Klieger e, a quanto pare, rimase profondamente deluso dopo aver constatato che la pubblicazione di Dulles gli aveva negato la gloria che riteneva di meritare. Negli ultimi due mesi, infatti, la stampa svizzera aveva dato ampia pubblicità all’Operazione Sunrise. Questo rese inevitabile che Parrilli sponsorizzasse la sua versione dei fatti, con l’obiettivo di assistere il Cardinale Schuster nel libro bianco compilato da Bicchierai e Ghisetti allo scopo di ottenere un riconoscimento per il suo ruolo avuto nella resa tedesca e in tal modo far dimenticare i suoi trascorsi fascisti22.

L’abito non fa il monaco: la fuga sotto mentite spoglie e informatore dell’OSS

Dopo la capitolazione tedesca, il 15 maggio del ’45, fu trattenuto dagli Alleati per essere interrogato presso Cinecittà dove rimase fino al mese di novembre successivo. Poi, il 20 dicembre Dollmann fuggì dal campo di prigionia alleato di Rimini «con il più o meno tacito consenso da parte inglese» e si recò a Milano, dove l’arcivescovo di Milano Schuster, tramite il suo segretario Don Giuseppe Bicchierai ed il Capitano Gino Ghisetti di Modena, che aveva conosciuto a Roma, dove era stretto collaboratore dell’ex prefetto di Fiume Testa, lo mise al sicuro facendolo ricoverare presso “Villa Fiorita” a Brugherio, costruita nel 1721 dai conti Scotti, trasformata nel 1938 in una casa di cura per malattie nervose.

Per ricostruire con dovizia di particolari questo il periodo post-bellico si rivela molto importante sotto questo aspetto il memoriale che, come abbiamo accennato in precedenza, Eugen Dollmann scrisse di proprio pugno nel 1948 e consegnò nelle mani di don Giovanni Barbareschi.

Nei primi mesi del 1946 – apprendiamo da questa relazione – il Capitano Giuseppe Ghisetti (Giuseppe Cancarini Ghisetti, detto Gino) proponeva al Col. Dollmann nel nome “dei suoi superiori di Roma” (il “Sim” italiano), d’accordo con il Governo De Gasperi, di contribuire “da vecchio amico d’Italia” a facilitare la situazione italiana alla futura conferenza di pace e durante il periodo della preparazione. La richiesta desiderava anzitutto una ampia documentazione “del mancato spirito guerriero del popolo italiano”, “la passiva resistenza nel giugno 1940”, “la lunga serie dei sabotaggi diplomatici, compiuti dal Conte Ciano”, “il lavoro antiguerriero dell’Ambasciatore Attolico” – tutto questo documentato, visto dalla parte germanica. Il Col. Dollmann, allora ospite di S. Em. il Cardinale Schuster alla “Villa Fiorita” a Brugherio, consentì e per varie settimane il Capo dell’Ufficio politico del “SIM” a Milano, un certo Dr. Marzetti, venne a Brugherio per la compilazione di sopraddetta documentazione, la quale comprese anche testimonianze sul contegno della casta militare italiana durante la guerra e sul contegno della Corona. Durante il lavoro, il Ghisetti comunicò al Col. D. che questi documenti sarebbero stati portati davanti al Luogotenente Umberto e a De Gasperi, i quali li avrebbero letti con la massima soddisfazione.

Il colonnello Dollmann, che allora era ospite del Cardinale Schuster presso “Villa Fiorita” a Brugherio, così, incontrò per varie settimane il Capo dell’Ufficio politico del “SIM” a Milano, Dr. Marzetti, allo scopo di affiancarlo nella compilazione di questa copiosa documentazione. Si spiega, dunque, perché anche il governo italiano ci teneva a coprire il gerarca nazista e, in segno di gratitudine per i servigi ricevuti, procurargli anche adeguati nomi e passaporti di copertura.

Frattanto – continua la relazione di Dollmann – era stata creata nell’aprile ‘46 una nuova situazione. Venne di nuovo il Ghisetti agitatissimo a Brugherio, per pregare il Col. D[ollmann] nel nome del Maresciallo Messe e del Generale Cadorna di aiutare da parte sua la campagna elettorale del plebiscito, documentando, sempre sotto la luce tedesca, le relazioni della Monarchia italiana con il Terzo Reich dal 1934-1946, fermandosi poi anzitutto sugli eventi dal 25 luglio 1943 in poi. Desiderato fu anzitutto un possibile “salvataggio” della Monarchia intorno alla “fuga” dell’ 8/9 sett 1943 da Roma; per questo fu data al Col. D[ollmann] la più ampia facoltà di sacrificare il Maresciallo Badoglio. In tutto doveva essere illustrata la difficilissima situazione della Monarchia davanti al Terzo Reich, il ruolo di salvatrice dal 25 luglio all’ 8 sett ‘43, sottolineando il contegno speciale del Generale Calvi di Bergolo ed anzitutto le necessità superiori dell’allontanamento della Famiglia Reale da Roma nell’ 8/9 sett. ‘43 per salvare l’Italia. Il Col. D[ollmann], avendo sempre avuto, tramite sua cugina Contessa Toening- Aittelsbuch e l’Ambasciatrice von Machensen, relazioni dirette o indirette con la Casa Reale, consentì, riservandosi la perfetta libertà della compilazione e chiedendo il consenso di De Gasperi e dell’I.S. Inglese.

Tutti i consensi arrivarono prestissimo: quello di De Gasperi, trasmesso dal Ghisetti, quello dell’I.S. Inglese, in iscritto tramite il “Sim”. Compiuto questo lavoro, il Re fece sapere al Col. D[ollmann] tutti i suoi ringraziamenti promettendo, nel caso di una vittoria, qualsiasi aiuto. Questa promessa fu poi riconfermata più tardi al Col. D[ollmann] durante il suo soggiorno a Roma nell’ autunno del ‘46 da parte di S.E. l’Avv. Tommasi, uno dei capi monarchici, raccontando lui al Col. D[ollmann] che, durante la campagna elettorale, il Re dava conoscenza del materiale a De Gasperi, d’accordo tutti e due di servirsene come base-propaganda ed anzitutto davanti agli Anglosassoni23.

Il teorema di “via” Archimede

Dopo il referendum istituzionale che, com’è noto, si celebrò il 2 giugno 1946, fu deciso dagli americani che era giunto il momento propizio per trasferire l’ex gerarca nazista nella capitale sotto le loro stretta protezione.

[Così] – leggiamo nella relazione stilata da Dollmann – si consegna all’O.S.S. americano a Roma, il quale gli garantisce l’incolumità assoluta ed inoltre dà la garanzia di risolvere definitivamente il problema della futura sistemazione sua. L’O.S.S. riconosceva in primo luogo l’obbligo americano verso il Col. D[ollmann], risultante dalla resa del 1945 e dalle promesse fatte allora. Il Col. D[ollmann] doveva trasferirsi a Roma su una macchina dell’O.S.S. e doveva essere ospitato là in una villa nei pressi della città. Alle osservazioni del Col. D[ollmann] riguardo ai pericoli che Roma offriva per la sua persona fu risposto che le Autorità americane tenevano tutto così saldamente in pugno che non c’era da rischiare nessunissimo pericolo. Inoltre sia il Prof. Husman sia il Barone Parrilli si offrirono garanti dell’accordo raggiunto, aggiungendo il Parrilli che il quartier Generale di Caserta sarebbe perfettamente d’accordo con le decisioni prese.

Arrivato a Roma, il Col. D[ollmann] fu ospitato non in una villa, ma nel quartiere Parioli in via Archimede 25, a disposizione dell’O.S.S. Nelle seguenti conversazioni con il Cap. “Jim” e il di lui collaboratore fu riconfermato:

1. il pieno riconoscimento dell’obbligo americano verso il Col. D[ollmann] ed in conseguenza la necessità della sua definitiva sistemazione. Per questa furono discusse con gli Americani le seguenti possibilità:

– permanenza in Italia; questa soluzione fu dichiarata da parte americana facilissima: “bastava una telefonata agli Esteri” ! ! !

– permanenza nel bacino del Mediterraneo e collaborazione futura in questo settore con gli Americani.

– ritorno in Germania per instaurare là insieme agli Americani una “rete antibolscevica su vasta scala”.

2. base di tutte queste soluzioni fu la ferma decisione americana di ridare al Col. D[ollmann] la “legalità” di nome e di passaporto.

Intanto il Col. D[ollmann] sarebbe rimasto ospite americano in Via Archimede, munito di un documento e del danaro necessario per le spese quotidiane. Il Cap. “Jim” confermava inoltre che il “G2” ed il Quartiere Generale di Caserta erano pienamente informati delle trattative in corso24.

Il gerarca dai tanti volti viene smascherato!

Tuttavia, appena rimise piede nella capitale nel ’46 fu riconosciuto e arrestato nel cinema “la Fenice”, ma gli americani lo fecero liberare immediatamente e, grazie ai buoni uffici del loro agente, James Angleton, fu trasferito in Svizzera. Dollmann, in effetti, si era trasferito a Roma il 28 agosto 1946, ospitato all’interno di un appartamento dell’Office of Strategic Service che sorgeva in via Archimede al civico 25, dopodiché a causa di questo spiacevole incidente, fu costretto suo malgrado ad emigrare in Svizzera sotto le ali protettive dell’intelligence americana. Il 7 novembre successivo, infatti, il famigerato gerarca nazista fu riconosciuto mentre si aggirava per la capitale da Mario Yaboni nei pressi del cinema “La Fenice”. La versione fornita da questo personaggio appariva attendibile considerato che svolgendo il mestiere di autista, durante l’occupazione i tedeschi requisirono la sua automobile assegnandolo al servizio degli alti ufficiali tedeschi alloggiati all’Excelsior; per cui conosceva molto bene Dollmann visto che in varie circostanze lo aveva accompagnato dall’Excelsior all’ambasciata tedesca e a via Tasso. Difatti, non si era sbagliato affatto, come riferì egli stesso al quotidiano comunista L’Unità il 17 novembre successivo.

Mi trovavo in Via Salaria di fronte al Cinema “La Fenice” alle ore 15,45, circa – dichiarò Yaboni -, in compagnia di mia moglie e di un mio amico, allorché vidi fermo sul marciapiede, proprio vicino a noi, un signore che cercava di nascondere parte del viso con un paio di occhiali da sole e la falda abbassata di un cappello marrone. C’era nel suo atteggiamento qualcosa che m’insospettì e guardandolo più attentamente riconobbi in lui il famoso Dollmann, Tenente Colonnello delle SS germaniche in Roma nel periodo dell’occupazione nazista.

Mi allontanai immediatamente e, salito in macchina, mi precipitai al Commissariato di Via dei Villini a chiamare due agenti, lasciando in via Salaria mia moglie e il mio amico a tener d’occhio il Dollmann. Quando tornai con gli agenti mia moglie riferì che il Dollmann era entrato nel Cinema “la Fenice” assieme ad un giovane di media statura, sulla trentina.

Entrai anch’io e, poiché il lucernaio del cinema era ancora aperto e la sala semivuota, potei presto rintracciare il Dollmann.

Gli agenti lo avvicinarono e gli chiesero i documenti d’identità, i quali risultarono intestati a Cassolo Giulio, fu Giulio, nato a Bolzano nel 1903. Dall’accento gli agenti si convinsero immediatamente che si trattava del famoso Tenente Colonnello; lo portarono dunque i Via dei Villini al Commissariato dove egli esibì un documento scritto in inglese atto a consentirgli l’immunità da qualsiasi eventuale fermo.

Infatti il Vice Commissario Cannaviello telefonò subito al Comando Alleato informandolo del fatto che il presunto Dollmann era in possesso di detto documento rilasciato dal Comando Alleato e firmato da un Ufficiale a nome O’Brien. Gli fu risposto che qualcuno si sarebbe recato in Via dei Villini dopo circa mezz’ora.

Mi allontanai e ritornai la sera per sapere dove era andato a finire il Dollmann; mi fu risposto che egli era al sicuro alla Questura Centrale in Via S. Vitale. Me lo disse il Commissario Pace, il quale mi confermò anche trattarsi proprio del Dollmann, che conosceva bene poiché aveva avuto occasione di fare insieme a lui un’operazione di Polizia quando nel periodo dell’occupazione furono uccisi in Piazza del Monte due civili ad opera della P.A.I. e dei fascisti.

Faccio notare che ho conosciuto il Dollmann per averlo trasportato molte volte in automobile – essendo io noleggiatore di taxi – e sotto la mia incondizionata responsabilità posso affermare che la persona di cui ho provocato il fermo è ilo famoso tedesco assassino, senza dubbi di sorta.

Io sono disposto a mettermi a confronto con lui in qualunque momento25.

L’unità del 19 novembre 1946
L’unità del 17 novembre 1946

Ma ecco, qui di seguito, la versione di questo episodio riportata da Dollmann nella relazione che consegnò a don Giovanni Barbareschi:

Il Col. D[ollmann] fu riconosciuto da un ex-autista partigiano; invitato prima ad esibire i suoi documenti all’Ufficio di P.S. di Porta Pia, poi fu accompagnato alla Questura Centrale. Là mostrò il suo documento americano, munito di fotografia e firma, al Questore Polito il quale vietò nel modo più assoluto sia un interrogatorio sia un arresto del latore prima del consenso e della comunicazione con l’Ufficio americano di Roma del C.I.L. ed O.S.S. in via Sicilia (i vari numeri erano allegati al documento). Dopo la presentazione al Questore, davanti al Col. D[ollmann] –portando conforme al lasciapassare americano il nome di “Cassani Giulio” – insisteva per una comunicazione immediata agli Americani. Lasciato intanto in anticamera, sentiva le seguenti tempestosissime telefonate del Questore:

  1. con il Capo della Polizia americana a Roma all’Albergo Ambasciatori, Maggiore Corso, il quale insisteva nel nome di tutte le Autorità romane e americane per l’immediato rilascio del signor “Cassani”.
  2. con il Capo della Polizia, S.E. Ferrari. In un primo momento, il Questore s’oppose nel modo più categorico al rilascio, dimostrando le conseguenze giornalistiche etc.; alla fine di una seconda telefonata, dichiarò a S.E. Ferrari di ubbidire solamente ad un chiaro comando da parte del Ministero dell’Interno, essendo ministro di allora De Gasperi. Dato e ricevuto questo comando, il Col. D[ollmann] fu introdotto nella stanza del Custom, trovando là anche i due Capi dell’O.S.S, Cap. “Jim” ed un suo collaboratore. Il Custom allora consegnò il Col. D[ollmann] ai due ufficiali, i quali l’accompagnarono in via Archimede 25. Cosa era successo intanto?
  3. appena sentito il trasporto del Col. D. da Porta Pia alla Questura Centrale, i Capi del CIC e dell’O.S.S., l’agente speciale Maggiore Pagnotta e il Cap. “Jim”, si erano recati al Ministero dell’Interno per chiedere a S.E. Ferrari l’immediato rilascio. Trovando là principalmente delle difficoltà, gli Americani ricattarono chiaramente Ferrari, minacciandolo della collaborazione del Col. D. con il “SIM”, della sua partecipazione alla campagna elettorale del Re, del consenso di De Gasperi. Facevano capire a S.E. Ferrari che, nel caso di una sua ulteriore opposizione al rilascio, la parte americana sarebbe stata costretta a servirsi del sopraddetto materiale. Davanti a questo, S.E. Ferrari dichiarò di dover informare De Gasperi, accennando alla necessità di evitare qualsiasi informazione al Sottosegretario Cucco, socialista. S.E. Ferrari, essendosi coperto poi le spalle, impartì al Questore l’ordine di consegnare il Col. D. agli Americani.
  4. Succedeva poi la campagna giornalistica; gli Americani giunti là, informando la stampa democristiana e monarchica, arrivarono ad una cessazione quasi immediata della campagna. Il Cap.no “Jim”, capo dell’O.S.S., andando oltre, si propose sulla base dell’accaduto, di formare un blocco antisocialista e anticomunista, dalla Democrazia Cristiana ai Qualunquisti.
  5. Nel corso della primavera del ‘46, trovandosi in aperta collaborazione con il “SIM” etc.a, il Capitano Ghisetti accennò al Col. D. che, essendo allora Togliatti Ministro della Giustizia, era stato inevitabile un “mandato di cattura”, dando nello stesso tempo le più ampie assicurazioni, da parte delle non comuniste Autorità romane, che naturalmente questo provvedimento non sarebbe mai stato reso esecutivo e che si trattava di una, nel momento, inevitabile formalità.

Nello stesso senso s’esprimeva nell’ inverno 46/47 il sopra citato Maggiore Corso, dichiarando apertamente che avrebbe minacciato in alto nel caso di un’eventuale realizzazione contro misura nel senso di pubblicazioni su scandali morali e funzioni nel seno del Governo Italiano, ricevendo le più ampie assicurazioni in riguardo26.

A quel punto questo modus operandi si spiegava piuttosto chiaramente perché

a. ospitando a Roma in un loro appartamento dall’agosto ‘46 il Col. D, munendolo di uno speciale documento ed avendo dato al Col. D. le più ampie assicurazioni per la sua futura sistemazione, gli Americani si vedevano costretti ad arrivare con qualsiasi mezzo alla liberazione del Col. D. Servendosi

b. di un netto e chiaro ricatto del Governo De Gasperi, minacciando il suo rovesciamento sulla base del retroscena della primavera-estate del ‘47, quando il Col. D, ospite di S. Em il Cardinale Schuster, collaborò con diverse altissime Autorità italiane per diversi scopi, con il consenso di De Gasperi e del I.S. inglese27.

Dopo questo spiacevole incidente gli americani per rimediare a questo inconveniente che rischiava di mandare in fumo tutti i loro piani, subito proposero a Dollmann il trasferimento in America Latina, munito di un passaporto di copertura e del danaro sufficiente. Attraverso i contatti con la polizia italiana, alla fine del 1946 Angleton riuscì segretamente a far tornare Dollmann nelle mani degli americani. Tuttavia, sorsero delle complicazioni dopo che Dollmann fu nominato come sospettato o testimone per un processo in Italia riguardante il massacro tedesco delle Fosse Ardeatine perpetrato dai nazisti al comando di Kappler il 24 marzo 1944 come rappresaglia per l’attività partigiana in via Rasella. Le autorità americane, dunque, verso la metà del 1947, per precauzione, decisero di inviarlo nella zona americana della Germania auspicando che avrebbero manifestato la loro gratitudine agli Stati Uniti fornendo i loro servigi all’intelligence. Pertanto, Dollmann fu messo in guardia di non tornare in Italia perché avrebbe corso il rischio di essere processato come criminale di guerra e dove la sua cattura avrebbe potuto mettere seriamente in imbarazzo le autorità americane. Dollmann, tuttavia, anche in Germania dovette affrontare un procedimento di denazificazione e, non avendo risorse economiche adeguate, decise di far ritorno in Italia.

Si arrivava invece dopo lunghi mesi, innumerevoli visite di ufficiali americani, in testa tre volte il Generale Lee, ad un trasferimento via aerea in Germania il 17 maggio 1948, all’Obersusel Information Center “dell’Eucom” americano di Francoforte. Là nella “Villa Alaska”, residenza di protezione americana di Tedeschi e stranieri illustri e interessanti, il Col. D[ollmann]. fu avvisato che la soluzione del suo caso sarebbe stata la seguente: il Col. D[ollmann] doveva trovarsi in possesso di regolari carte americane e tedesche. il processo di denazificazione “doveva essere saltata”; per il rilascio dei necessari documenti germanici il cosiddetto Governo Tedesco della zona americana doveva essere forzato o il C.I.C. americano doveva procurare documenti falsi. Intanto il Col. D[ollmann] fu definitivamente rilasciato come prigioniero di guerra, riuscendo solamente “protetto”. Le rispettive trattative in riguardo furono condotte da parti americane dal Col. Thoroughman, Comandante della zona di Obersusel, e dal Maggiore Vivien dello Stato Maggiore del “Eurocom” [US Army European Command, nda]. Nell’ottobre 1948 si presentò poi in Villa Alaska, presente il Col. Thoroughman, il Col. Creventhworth, “Chief of the operations Crance“ dell’”Eucom”, annunziando che il Generale Clay si sarebbe opposto alla soluzione sopraddetta e proponendo invece la sistemazione seguente: l’“Eucom” Kommande a Francoforte concede al Col. D[ollmann] una licenza di 3 settimane per recarsi presso i suoi parenti al Teyersee presso Monaco di Baviera. L’“Eucom” Kommande ed il Col. D[ollmann] sono d’accordo che il Col. D[ollmann] da questa licenza non tornerà più. Invece si procurerebbe i documenti necessari per recarsi in Italia28.

Così, alla fine di novembre del 1948, in base agli accordi presi con gli americani, Dollmann lasciò la Baviera, passando la frontiera austriaca, dove, tuttavia, fu poi fermato il 1° dicembre successivo dai finanzieri austriaci, i quali gli sequestrarono tutto il danaro e gli oggetti familiari, consegnandolo poi al governo d’occupazione francese. In seguito fu condannato dal Tribunale militare di Innsbruch a 40 giorni di detenzione per aver passato illegalmente la frontiera.

Avendo dal primo giorno del suo arresto l’urgenza di essere messo in relazione diretta con l’ufficiale di collegamento americano di Innsbruck, Maggiore Bell, informata la “Surtè” francese delle gravissime conseguenze internazionali che avrebbe avuto una sua detenzione ulteriore, fu rilasciato, contrariamente alla condanna sopraddetta, il 24 XII ‘48 ed avvisato che il Governo d’occupazione francese dell’ Austria non aveva niente contro una continuazione del suo viaggio verso l’Italia; gli fu promessa inoltre la restituzione del danaro sequestrato e degli altri oggetti.

Il nascondiglio milanese all’Angelicum e la fuga in Spagna

Rifiutò di tornare in Germania per paura di essere assassinato dagli ex nazisti che lo consideravano un traditore. Di conseguenza, rimase alcune settimane ad Innsbruck, restando in stretto contatto con il maggiore Bell. Tuttavia, col peggiorare delle condizioni climatiche, risultava piuttosto complicato attraversare la frontiera a piedi per approdare in Italia, perciò alla fine fu stabilito che l’ex gerarca nazista doveva passare il Brennero in una macchina americana con targa diplomatica ma, per precauzione, nel posto riservato ai bagagli. Così, nella prima decina del gennaio 1948, a bordo di un’auto diplomatica guidata dal Maggiore Bell, insieme al diplomatico americano Mr. Rost ed alle loro due amanti sprovviste di documenti, passò di nascosto attraverso il Passo del Brennero e da quel momento Dollmann, a quanto pare, iniziò a lavorare a tutti gli effetti come agente per il CIC in Italia.

Padre Enrico Zucca

Nel 1950, Dollmann, in difficoltà finanziarie, per cercare di sbarcare il lunario iniziò a spacciare rapporti all’intelligence italiana, in parte riguardante gli ufficiali delle SS sopravvissuti ed i nascondigli segreti di armi, ma in parte anche sulla sua conoscenza dell’intelligence americana. Successivamente, nel 1951, dopo che gli fu rilasciato un passaporto italiano a nome di Eugenio Amonn, per qualche tempo visse in Svizzera a Lugano sotto mentite spoglie come agente dello spionaggio americano in funzione anticomunista, dove aveva tentato sporadicamente di vendere le sue memorie e la presunta corrispondenza inedita tra Hitler e altri leaders politici europei. Ai principi di febbraio del 1952 quando fu espulso dalla Svizzera per un presunto rapporto omosessuale con un funzionario della polizia elvetica, grazie all’intervento del suo referente italiano, Carlo Rocchi, all’epoca capo della CIA nel capoluogo ambrosiano, clandestinamente fu condotto a Milano dove rimase nascosto per circa dieci giorni, tra le sacre mura del convento francescano Angelicum allora diretto dal celebre padre Enrico Zucca in Piazza Sant’Angelo.

Charles Siragusa

L’agente segreto Carlo Rocchi, all’epoca era un informatore dell’agente della narcotici Charles Siragusa, assegnato all’ambasciata degli Stati Uniti a Roma, al quale nel marzo 1952 riferì che «Dollmann era disposto ad aiutare nello sviluppo di un’indagine sugli stupefacenti». Inoltre, in quella circostanza Rocchi riferì che Dollmann risiedeva a Innsbruck e non era in grado, a causa dei suoi oscuri trascorsi bellici, di recuperare le sue finanze. «Si dice – aggiungeva – che vivesse di donazioni in denaro da parte di ex nazisti che vivevano in Germania e Austria»29. Charles Siragusa, noto anche come “Charlie Cigars” e “Carl Salerno”, era nato il 28 ottobre 1913 a New York City da genitori italiani Giovanni e Rosa Siragusa, e per tutta la sua vita fu un investigatore speciale, agente sotto copertura, capo delle spie e agente federale per il Federal Bureau of Narcotics. Nel 1944 fu promosso tenente comandante della Marina degli Stati Uniti mentre era in missione per James Angleton nell’Office of Strategic Services. Nel 1950 fu inviato in Europa da George Hunter White e Garland H. Williams per dare la caccia a Lucky Luciano. Nel 1951, Siragusa divenne l’Agente di Vigilanza FBN di un ufficio presso l’Ambasciata degli Stati Uniti a Roma che sarebbe stato chiamato “District 17”, che copriva le aree dell’Europa e del Medio Oriente. Da questo ufficio intraprese varie missioni in FranciaSpagnaPortogalloEgittoIraqIran e altre località per indagare sui narcotici. In seguito Rocchi informò Siragusa che i rappresentanti della rivista Life avevano negoziato con Dollmann la consegna di alcuni presunti documenti segreti di Adolf Hitler. Secondo l’agente segreto italiano, un conoscente di Dollmann, un ex ufficiale dell’esercito tedesco, conosceva il luogo in Austria dove erano nascosti di questi documenti.

Secondo Rocchi, Life avrebbe pagato $ 500,000 se i documenti fossero stati ciò che si supponeva fossero, e avrebbe pagato $ 1,000,000 (sic) se contenevano una lettera di Hitler a Stalin che proponesse una pace separata tra Germania e URSS. Dollmann ha affermato che una lettera del genere è inclusa tra i documenti di Hitler30.

Da un altro dispaccio ufficiale dei servizi segreti americani stilato il 23 aprile 1952, inoltre, si apprende che Dollmann

Avrebbe ottenuto il visto spagnolo in Italia tramite l’intervento della Chiesa cattolica e si sarebbe recato in Spagna indossando l’abito di un monaco francescano. […]

Dopo la capitolazione tedesca, Dollmann fu trattenuto per un interrogatorio per un periodo considerevole dagli Alleati. Successivamente, nel 1948, apparve in Svizzera, dove visse sotto il nome di Eugenio von AMONN (utilizzando una falsa documentazione italiana), tentando sporadicamente di vendere le sue memorie e la presunta corrispondenza tra importanti funzionari nazisti. Si rifiutò di tornare in Germania per paura di essere assassinato da ex nazisti che lo consideravano un traditore. Contemporaneamente, gli fu comunicato che se fosse tornato in Italia sarebbe stato arrestato e processato per quello che la stampa italiana descrisse come “atti di violenza e omicidio commessi contro ostaggi italiani”, ad esempio l’episodio delle Fosse Ardeatine. All’inizio di febbraio del 1952 fu espulso dalla Svizzera, si recò clandestinamente a Milano e partì per la Spagna intorno al 22 febbraio in compagnia di un uomo non identificato, anch’egli vestito con l’abito di un frate francescano31.

Padre Alberto Parini

Dunque, come abbiamo accennato in precedenza, il 22 febbraio, fu organizzata la partenza per la Spagna, con un altro passaporto italiano falso usufruendo dell’aiuto del frate francescano Alberto Parini. Giunto a Barcellona a bordo di una nave, Dollmann si recò nella capitale madrilena dove allacciò i primi contatti con Otto Skorzeny come, del resto, apprendiamo da un report stilato dall’intelligence americana il 17 marzo 1952:

Al momento dell’arrivo a Madrid, dove era accompagnato da (omissis), è entrato in contatto con Otto Skorzeny che lo ha messo sotto la sua “protezione”.
Il soggetto ha viaggiato con un passaporto del Ministero degli Esteri a nome di Venzoni, indicando la sua professione come “antiquario”. Questo passaporto doveva essere ritirato da (omissis) al loro arrivo in Spagna. Il passaporto è stato fornito da (omissis) a Roma e consegnato a Dollmann a Genova poco prima dell’imbarco.
Il soggetto è arrivato a Madrid, accompagnato da (omissis), verso le 07:00 di un giorno non specificato all’inizio di marzo o alla fine di febbraio. Avevano viaggiato in treno da Barcellona, ​​dove si erano trattenuti per un giorno in attesa delle prenotazioni del treno. Non appena sono arrivati ​​a Madrid, il soggetto è stato portato in un monastero; (omissis) quindi è partito con uno (omissis) per trovare x sistemazioni abitative adatte al soggetto. Alla fine hanno raggiunto Obermueller, fnu, agente di Madrid dell’Hotel Plan. Quest’ultimo si è messo in contatto con SKORZENY e Obermueller, con i due preti, si sono recati nell’ufficio di SKORZENI.
(omissis) riferisce che SKORZENY è piuttosto ben sistemato in un ufficio commerciale che ovviamente fa poco commercio. (omissis) ritiene che SKORZENY lavori per AIS32.

In effetti, compulsando attentamente i documenti statunitensi si scopre che, proprio le autorità italiane, avevano rilasciato a Dollmann il passaporto con gli pseudonimi di Eugenio Ammon e Francesco Venzoni.

Il passaporto intestato a Venzoni – si legge, infatti, nel Report N. WIB-1799 del 7 maggio 1952 – è il documento con cui il soggetto ha effettuato il suo recente viaggio dalla Svizzera via Italia a Madrid, dove attualmente risiede.
Come precedentemente riportato, il passaporto gli è stato ritirato dalla sua scorta italiana dopo il loro arrivo a Madrid.
Da (…) si apprende ora che il soggetto, seguendo il suo solito schema, sebbene non fosse in grado di fare copie fotografiche per un uso futuro, all’insaputa della sua scorta italiana ha preso appunti dettagliati sul documento. Di recente, nell’ultimo mese, si è presentato all’Ambasciata italiana a Madrid, dove ha presentato una descrizione dettagliata del documento rilasciatogli che sosteneva di non aver perso e che desiderava fosse sostituito da una forma di nuova documentazione. L’Ambasciata italiana a Madrid telegrafò a Roma per avere istruzioni in questo caso e per un po’ sembrò che il Ministero degli Esteri italiano, che non era a conoscenza della vera identità di “Venzoni”, fosse sul punto di autorizzare il rilascio di un nuovo documento di identità. Con un documento del genere sarebbe stato possibile per lui tornare in Italia da solo!

Il documento Venzoni fu emesso da un (omissis) del Ministero degli Esteri su richiesta di (omissis) e con la conoscenza di (omissis). Tutti questi individui erano molto seriamente preoccupati per le possibili implicazioni per loro stessi se il soggetto fosse riuscito nel suo scopo con l’Ambasciata di Madrid. Informato dei fatti e invitato a prestare assistenza, (omissis) andò dal suo amico (il barone Giovanni Scola Camerini), capo di gabinetto del ministro De Gasperi e spiegò molto brevemente le ragioni superiori coinvolte nel caso e chiese l’assistenza del Ministero.

In queste circostanze, nella copia del dossier Venzoni in possesso del Ministero, la fotografia del soggetto è stata sostituita con una fotografia di un’altra persona.

Sulla base di ciò, il Ministero di Roma ha potuto informare l’Ambasciata di Madrid che la fotografia fornita dal soggetto a corredo della sua richiesta a Madrid non corrispondeva alla documentazione fotografica conservata a Roma e, pertanto, la sua richiesta non poteva essere soddisfatta33.

In un Memorandum dell’8 settembre 1952 stilato per l’ispettore generale e direttore esecutivo del Central Intelligence Agency Lyman B. Kirkpatrick34 che faceva riferimento al memorandum dell’8 maggio precedente riguardante le recenti attività dell’ex ufficiale SS tedesco Eugene Dollmann, fornito al Capo di Stato maggiore assistente G-2 del Dipartimento dell’esercito35 dalle truppe degli Stati Uniti di stanza a Trieste, apprendiamo che:

2. Nel novembre 1951 la fonte ha fornito informazioni riguardanti Dollmann, ex capo dell’intelligence tedesca in Italia durante la seconda guerra mondiale, in cui è stato rivelato che Dollmann viveva in Svizzera, nella città di Lugano, in Via Loreto 10. La fonte ha anche rivelato che Dollmann era in possesso di un passaporto italiano a nome di Eugenio Amonn. Il passaporto era stato rilasciato a Dollmann tramite l’intervento della Marina Militare Italiana per quando il Soggetto era stato in servizio di segnalazione, essendo stato responsabile dell’ingresso in Italia degli scienziati nucleari che stavano illegalmente commettendo esperimenti in acqua pesante presso la base navale italiana di La Spezia. […]

Quando gli italiani avevano esaurito la possibilità che Dollmann potesse essere loro ulteriormente utile, da un punto di vista informativo, il C.S. (Contro-Spionaggio, Counter Espionage) italiano fu richiesto di ritirare il passaporto italiano di Dollmann con il pretesto di rinnovarlo. Dollmann rendendosi conto che il passaporto non sarebbe mai stato restituito, lo fece fotografare prima di restituirlo.

Quando le autorità svizzere (Bundes Polizei), che avevano tacitamente tollerato la presenza di Dollmann a Lugano, appresero che non possedeva più un passaporto, presero prontamente provvedimenti per espellerlo dal territorio svizzero. Poiché Dollmann (Amonn) figurava come cittadino italiano, a causa della fotografia sul passaporto, gli italiani furono costretti ad accettarlo come tale.

Il C.S. italiano prese in custodia Dollmann, poi lo scortò nella città di confine italo-svizzera di Chiasso e lo condusse al “Convento Angelicum” in Piazza Sant’Angelo 2, Milano, diretto dal padre superiore francescano Zucca Enrico (Padre Marco F.O.M.). Dopo una permanenza di circa 10 giorni nel convento, venne abilmente scortato da un frate francescano (padre Parini) a Barcellona, ​​in Spagna, in nave, via Genova, munito di passaporto italiano.

Dopo l’atterraggio a Barcellona, ​​Dollmann fu inviato a Madrid, dove gli fu tolto il passaporto italiano. Grazie all’intervento del capitano Ivo Obermuller, Dollmann entrò in contatto con Otto Skorzeny (che guidò l’unità paracadutista che salvò Benito Mussolini nel 1943). Dollmann è attualmente sotto la protezione di Skorzeny.

Dollmann sta ancora tentando di ottenere un passaporto italiano. È molto improbabile che otterrà mai un documento valido.

Secondo la Fonte, Dollmann ha manifestato la sua intenzione di scrivere un libro di memorie intitolato “Un eroe vile”. Il soggetto si vanta ancora della sua amicizia con il Feldmaresciallo Kesselring, che si dice abbia recentemente parlato favorevolmente di Dollmann.

Nota dell’agente: Padre Zucca, il padre superiore del “Convento dell’Angelicum”, fu coinvolto nella riesumazione e nell’occultamento del corpo di Mussolini36.

L’epilogo

Otto Skorzeny, nel frattempo, nella Spagna franchista aveva messo in piedi una rete di intelligence e, di conseguenza, prese Dollmann sotto la sua ala protettiva. Tuttavia, in un rapporto della CIA del 1952 riguardante i tedeschi approdati nella penisola iberica l’ex gerarca nazista veniva descritto come infame per i suoi ricatti, sotterfugi e doppi giochi37. Ad ogni modo Dollmann visse senza documenti a Madrid per qualche tempo. Poi, nel 1952, con la complicità del capo della CIA di Milano Carlo Rocchi, che nel frattempo era diventato il suo mentore, riuscì ad ottenne l’ennesimo passaporto di copertura stavolta intestato a tal di Enrico Larcher con la viva raccomandazione di non adoperarlo in Germania.

Tuttavia, poco dopo una fonte ben informata del governo di Bonn, il 17 ottobre 1952 riferiva che Dollmann – probabilmente anche nell’intento di alterare il processo di denazificazione sul suo conto – aveva preso un aereo per recarsi in Germania adoperando proprio quel passaporto italiano che gli era stato rilasciato a nome di tale Enrico Larcher, che risiedeva a Madrid. Difatti, appena aver ricevuto dall’agente della CIA il terzo passaporto consecutivo, salì su un aereo in partenza dalla capitale spagnola e, insieme a Rocchi, si diresse a Francoforte. Qui, però, rimase con un palmo di naso appena scese dall’aereo e alla dogana si accorse di essere stato scoperto perché intuirono che il documento che aveva esibito era palesemente falso. Fu arrestato e finì dietro le sbarre dove dovette scontare un mese di detenzione per aver falsificato i documenti. Quando fu scarcerato si ritirò ad abitare nella pensione Das Blaue Haus a Monaco dove trascorse gli ultimi trent’anni della sua vita mantenendosi con delle traduzioni dall’italiano al tedesco. La più celebre fu la sceneggiatura del film La dolce vita di Federico Fellini, che tradusse in tedesco.

© Giovanni Preziosi, 2024

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Note

  1. National Archive and Records Administration (NARA), RG 226, Records of the Office of Strategic Services, Eugen Dollmann file, CIA, box 6, doc. D987:6. ↩︎
  2. Cfr. E. Dollmann, Roma nazista 1937-1943. Un protagonista della storia racconta, Trad. Zingarelli Italo, Editore: Rizzoli, Collana: Superbur, 2002, prefazione di Bertoldi Silvio in Corriere della Sera, p. 37 (20 marzo 2002) ↩︎
  3. Cfr. Bundesarchiv, NS 19/1656 Persönlicher Stab Reichsführer-SS, 3 C Aufgabenverwaltung, 3.5 C.5 Beziehungen zum Ausland, allgemeine Besatzungspolitik, 3.5.4.5.1 C.5.4.5.1 Italien, Gespräche des Sonderbeauftragten des Reichsführers-SS in Italien, SS-Sturmbannführer Dr.
    Eugen Dollmann, mit dem sowjetischen ersten Militärattaché in Rom im Hause des deutschen zweiten Militärattachés, Oberstleutnant Pretzell (Berichte Dollmanns), 1940.
    ↩︎
  4. NARA, SPECIAL COLLECTION, Collection: Nazi War Crimes Disclosure Act, Document Number (FOIA) /ESDN (CREST):
    519697ed993294098d50ce60, /specialCollection/nwcda2/33/PARILLI, LUIGI/PARILLI, LUIGI_0079.pdf . In un documento datato 28 ottobre 1952 redatto dalla fonte PIR-6914 che tratta dei luoghi in cui si presumeva si svolgessero attività sospette, secondo informazioni confidenziali, si affermava finanche che alcune personalità politiche dell’Europa orientale si incontravano nella villa di Ariccia del barone Parrilli e si presumeva che perfino «Palmiro Togliatti partecipi a questi incontri di tanto in tanto. La Villa, originariamente di proprietà del sarto romano Ciro Giuliano, residente in Corso Vittorio 29, Roma, è stata venduta da quest’ultimo alla signora Ina Rosenberg nata Nemnistiz, che a sua volta ha venduto la Villa nel 1948 al Barone Parrilli. […]». Questo documento, ineffetti, evidenzia l’interesse dell’intelligence americana per le attività del barone Parrilli ed i suoi contatti politici, sia con esponenti dell’Europa orientale che con i leaders comunisti italiani (cfr. Ivi, SPECIAL COLLECTION, Collection: Nazi War Crimes Disclosure Act, Document Number (FOIA) /ESDN (CREST): 519697ed993294098d50ce0e, /specialCollection/nwcda2/33/PARILLI, LUIGI/PARILLI, LUIGI_0094.pdf . ↩︎
  5. Ivi, SPECIAL COLLECTION, Collection: Nazi War Crimes Disclosure Act, Document Number (FOIA) /ESDN (CREST): 519697ed993294098d50ce5c, /specialCollection/nwcda2/33/PARILLI, LUIGI/PARILLI, LUIGI_0098.pdf . ↩︎
  6. Ivi, SPECIAL COLLECTION, Collection: Nazi War Crimes Disclosure Act, Document Number (FOIA) /ESDN (CREST):
    519697ed993294098d50ce15, /specialCollection/nwcda2/33/PARILLI, LUIGI/PARILLI, LUIGI_0093.pdf . ↩︎
  7. INSMLI (Milano), Fondo Barbareschi, b 1, fasc. 19, Trascrizione della relazione che Eugen Dollmann consegnò a Giovanni Barbareschi nel 1948, pagg. 52-54. Questo interessante memoriale che, tuttavia è bene ribadirlo come ogni fonte soggettiva va preso sempre cum grano salis, è stato trascritto solo di recente, per la precisione nel 2014, a cura di Pier Gabriele Molari ed Elena Magnini ed è attualmente custodito nella Biblioteca dell’INSMLI proprio nel fondo Giovanni Barbareschi. ↩︎
  8. Ivi, pag. 55-56. ↩︎
  9. NARA, SPECIAL COLLECTION, Collection: Nazi War Crimes Disclosure Act, Document Number (FOIA) /ESDN (CREST): 519697ed993294098d50ce41, /specialCollection/nwcda2/33/PARILLI, LUIGI/PARILLI, LUIGI_0005.pdf . In realtà era la famiglia della consorte Luisa Poss la proprietaria del Cotonificio e della FIMI Phonola che operava nel settore degli apparecchi radio e televisivi a Saronno.
    Il presidente era Alessandro Poss, figlio di Emilio, dal 1941 fino alla sua morte nel 1957. Gli altri membri del Consiglio di Amministrazione della FIMI erano: Edoardo già a partire dal 1938, Emilio (figlio di Alessandro), per l’appunto il barone Luigi Parrilli e Giorgio Poss. ↩︎
  10. Ivi, SPECIAL COLLECTION, Collection: Nazi War Crimes Disclosure Act, Document Number (FOIA) /ESDN (CREST): 519697ed993294098d50ce25, /specialCollection/nwcda2/33/PARILLI, LUIGI/PARILLI, LUIGI_0012.pdf . ↩︎
  11. Cfr. in merito A. Piattelli, Peppino Nemni, l’ebreo che si salvò confondendosi tra i nazifascisti, in “La Stampa”, 21 gennaio 2020. ↩︎
  12. Ivi, SPECIAL COLLECTION, Collection: Nazi War Crimes Disclosure Act, Document Number (FOIA) /ESDN (CREST): 519697ed993294098d50ce3b, /specialCollection/nwcda2/33/PARILLI, LUIGI/PARILLI, LUIGI_0043.pdf . ↩︎
  13. Ivi, SPECIAL COLLECTION, Collection: Nazi War Crimes Disclosure Act, Document Number (FOIA) /ESDN (CREST): 519697ed993294098d50ce21, /specialCollection/nwcda2/33/PARILLI, LUIGI/PARILLI, LUIGI_0049.pdf .
    Dalla dichiarazione firmata dal Ten. Enrico Kramer si apprende, inoltre, che: «Fui arrestato dall’SD tedesco alle 17:00 del 15 gennaio 1945, nelle seguenti circostanze: Dopo aver lasciato la Svizzera, dove ero stato internato a metà luglio 1945, mi unii immediatamente allo staff del Gen. Cadorna, fungendo da corriere da e per la Svizzera e lavorando generalmente per il suo servizio informazioni. Durante i mesi di settembre, ottobre e parte di novembre, ero solito dormire al numero 12 di Via Pontaccio, una casa appartenente al mio amico Marchese Crivelli. Venni a sapere che un operatore radio dello staff CVL trasmetteva da lì, ma seppi anche che i tedeschi avevano fiutato qualcosa, quindi avvertii Crivelli; l’operatore lasciò i locali in ottobre (fu arrestato poco dopo, ma so che tenne la bocca chiusa). La sorella di Crivelli, la signora Binelli, fu arrestata poco dopo nella sua residenza di campagna (Castellazzo), con l’accusa formale di appartenere al CLN di Garbagnate, di aiutare i partigiani e di nascondere oggetti di valore appartenenti agli ebrei. Fu rilasciata dopo 36 ore perché un certo Barone Parrilli intervenne in suo favore presso il Capitano Zimmer dell’SD. Mi tenni lontano da Via Pontaccio per alcune settimane; ma, poiché tutto sembrava essere tornato alla normalità, vi tornai, non avendo altra casa su cui contare. Alla fine di novembre, il Conte Edoardo Poss, cognato di Parrilli, mi avvertì che era pericoloso per me rimanere lì (l’avvertimento proveniva da Parrilli); e me ne andai definitivamente, recandomi lì solo occasionalmente per vedere i miei amici. Crivelli fu arrestato nella sua residenza a Rovellasca l’8 gennaio. Avrei dovuto partire per la Svizzera il 10, ma il mio Quartier Generale mi disse di aspettare e di cercare di scoprire perché Crivelli era stato preso. Andai all’ufficio di Poss, sapendo che il Barone Parrilli era in buoni rapporti con Zimmer; e lì finalmente incontrai il Barone, dal quale non ottenni nulla. Continuava a chiedermi cosa sapessi dell’arresto di Crivelli; delle sue attività, e alla fine cosa stessi facendo in Italia. Dissi che non sapevo nulla, e che ero lì per fare domande, non per rispondere. Il 15 gennaio, verso le 16:00, dopo aver attraversato i giardini pubblici nella neve, telefonai a FOSS nel suo ufficio, non dando il mio nome alla centralinista. Poss mi disse di incontrarlo lì immediatamente. Saltai su un tram in corsa e arrivai lì entro 10 minuti. Sono sicuro di non essere stato seguito, perché ero all’erta. Parlai con Poss per un po’, e lui mi consigliò di nuovo di lasciare Milano e l’Italia immediatamente. Poi entrarono due tedeschi, e mi puntarono una pistola contro. Dissi a Poss di chiedere loro se avessero un mandato, e uno sorrise e gli disse in tedesco di chiedere al Barone. Dopo di che fu la prigione per un mese, e non seppi più nulla. Il 15 febbraio fui spedito con altri 270 a Bolzano e eventuali ulteriori destinazioni, e sul Lago di Garda finalmente riuscii a scendere dal “bus” mentre viaggiavamo di notte, e scappai in Svizzera. Mi fu detto in seguito che la nostra fuga era stata organizzata, ma potevo a malapena crederci, poiché dovetti affidarmi alle mie gambe; e alcuni dei pezzi grossi del movimento non scesero affatto dal bus. Comunque, penso che qualcosa del genere sia stato tentato; ma tutto andò storto, poiché fummo messi sul bus sbagliato. Incontrai di nuovo Parrilli al bar del Palace Hotel di Lugano, e immediatamente telefonai al Quartier Generale, dicendo loro che lo avrei portato a fare un giro a Campione. Ricevetti ordini severi di non intervenire e di osservare gli sviluppi. Poco dopo, alla fine di marzo ’45, mi unii ai partigiani e persi di vista Parrilli. Incontrai Poss lì, e mi diede una spiegazione ampia e soddisfacente riguardo al mio arresto. Fui soddisfatto di ciò che mi aveva detto, perché sono sicuro che non sapesse nulla fino a quando non vide i due uomini dell’SD, e non seppe mai come fossero venuti a sapere che ero nell’ufficio. Qualche tempo dopo, due svizzeri che ci avevano aiutato enormemente durante la campagna partigiana mi dissero che Parrilli era in Svizzera e che aveva detto loro di avermi fatto arrestare perché era stato costretto da Zimmer che aveva bisogno di un capro espiatorio per il suo Quartier Generale (cioè per far funzionare le cose). Lo fece, e funzionò. Se il mio arresto fu il mezzo per mantenere le cose in movimento, penso che abbiano fatto la cosa giusta e ne sono contento. Crivelli fu liberato alla fine di febbraio, e so che Parrilli ebbe un ruolo in questo, perché lo scambio di prigionieri in qualche modo non funzionò all’inizio, e lui riuscì a far accettare l’accordo a Zimmer. Crivelli era in una lista di persone da giustiziare, e forse deve la sua vita all’intervento del Barone» (Ivi, SPECIAL COLLECTION, Collection: Nazi War Crimes Disclosure Act, Document Number (FOIA) /ESDN (CREST): 519697ed993294098d50ce5d, /specialCollection/nwcda2/33/PARILLI, LUIGI/PARILLI, LUIGI_0054.pdf). ↩︎
  14. Ivi, SPECIAL COLLECTION, Collection: Nazi War Crimes Disclosure Act, Document Number (FOIA) /ESDN (CREST):
    519697ed993294098d50ce52, /specialCollection/nwcda2/33/PARILLI, LUIGI/PARILLI, LUIGI_0053.pdf . ↩︎
  15.  NARA, Nazi War Crimes Interagency Working GroupIWG Declassified RecordsRecords of the Central Intelligence Agency (RG 263), CIA Records – Entry ZZ-18, Parrilli Luigi, RC Box# 100, Location (RC) 230/86/24/01. ↩︎
  16. Ivi, SPECIAL COLLECTION, Collection: Nazi War Crimes Disclosure Act, Document Number (FOIA) /ESDN (CREST): 519697ed993294098d50ce20, /specialCollection/nwcda2/33/PARILLI, LUIGI/PARILLI, LUIGI_0016.pdf . ↩︎
  17. Ivi, SPECIAL COLLECTION, Collection: Nazi War Crimes Disclosure Act, Document Number (FOIA) /ESDN (CREST): 519697ed993294098d50ce4a, /specialCollection/nwcda2/33/PARILLI, LUIGI/PARILLI, LUIGI_0029.pdf ↩︎
  18. Cfr. M. Waibel, 1945 Kapitulation in Norditalien, Helbing & Lichtenhahn, Basel, 1981, pagg. 28 e 31. ↩︎
  19. NARA, CREST, Collection: General CIA Records, Document Number (FOIA) /ESDN (CREST) CIA-RDP72-00450R000100260001-3, Document Creation Date: November 11, 2016, Document Release Date: June 4, 1999, Forrest Davis, The secret history of a surrender, in “The saturday evening Post”, New York, 22 and 29 September 1945. ↩︎
  20. NARA, FOIA Collection, Document Number (FOIA) /ESDN (CREST): 00033995, Document Creation Date: October 23, 2023, Document Release Date: August 28, 2023, Case Number: F-2022-01506, Report on the Sunrise-Crossword Operation Feb. 24-May 2,1945 submitted by Maj. General William J. Donovan by Aallen W. Dulles and Gero von Gaevernitz, Publication Date: April 1, 1945, pagg. 5-11.  ↩︎
  21. NARA, SPECIAL COLLECTION, Collection: Nazi War Crimes Disclosure Act, Document Number (FOIA) /ESDN (CREST): 519697ed993294098d50ce44, /specialCollection/nwcda2/33/PARILLI, LUIGI/PARILLI, LUIGI_0086.pdf , pagg. 1-2. ↩︎
  22. Ivi, SPECIAL COLLECTION, Collection: Nazi War Crimes Disclosure Act, Document Number (FOIA) /ESDN (CREST): 519697ed993294098d50ce4a, /specialCollection/nwcda2/33/PARILLI, LUIGI/PARILLI, LUIGI_0066.pdf , pagg. 1-3. ↩︎
  23. INSMLI (Milano), Fondo Barbareschi, b 1, fasc. 19, Trascrizione della relazione che Eugen Dollmann consegnò a Giovanni Barbareschi nel 1948, pagg. 4-7. ↩︎
  24. Ivi, pagg. 14-16. ↩︎
  25. Un confronto con Dollmann chiesto dall’identificatore. Gli alleati vorranno ignorare anche questa richiesta o continuar a tacere?, in “L’Unità”, A. XXIII (Nuova serie) N. 270, 17 novembre 1946, pag. 1. ↩︎
  26. INSMLI (Milano), Fondo Barbareschi, b 1, fasc. 19, Trascrizione della relazione che Eugen Dollmann consegnò a Giovanni Barbareschi nel 1948, pagg. 8-11. ↩︎
  27. Ivi, pag. 11. ↩︎
  28. Ivi, pagg. 17-19. ↩︎
  29. Central Intelligence Agency’s Freedom of Information Act, Dollmann Eugene, SPECIAL COLLECTION, Collection: Nazi War Crimes Disclosure Act, Document Number (FOIA) /ESDN (CREST): 519a6b23993294098d5109e2, /specialCollection/nwcda5/117/DOLLMANN, EUGENE/DOLLMANN, EUGENE_0059.pdf ↩︎
  30. Ibidem. ↩︎
  31. Ivi, Special collections, Release as Sanitized 2000, FOIA Collection, Document Number (FOIA) /ESDN (CREST): 00868310, Document Creation Date: October 23, 2023, Document Release Date: August 28, 2023, Case Number: F-2022-01506, Approved for Release: 2023/07/17 C00868310, Germans in Spain; Eugene Dollmann, Publication Date: April 23, 1952. ↩︎
  32. Ivi, Special collections, Release as Sanitized 2000, FOIA Collection, Document Number (FOIA) /ESDN (CREST): 00868308, Document Creation Date: October 23, 2023, Document Release Date: August 28, 2023, Case Number: F-2022-01506, Report security information on Eugene Dollmann, Date: March 17, 1952. ↩︎
  33. Ivi, SPECIAL COLLECTION, Collection: Nazi War Crimes Disclosure Act, Document Number (FOIA) /ESDN (CREST): 519a6b23993294098d5109d7, /specialCollection/nwcda5/117/DOLLMANN, EUGENE/DOLLMANN, EUGENE_0054.pdf ↩︎
  34. Lyman Bickford Kirkpatrick, Jr. (15 luglio 1916 – 3 marzo 1995) lavorò nella redazione di U.S. News & World Report fino a quando non si arruolò nell’Office of the Coordinator of Information, che in seguito si evolse nell’Office of Strategic Services, nel 1942. Con sede a Londra, Kirkpatrick ha svolto il ruolo di collegamento con i servizi segreti britannici, francesi, norvegesi, cechi e polacchi. Nel 1943 fu nominato tenente dell’esercito degli Stati Uniti, dove prestò servizio come ufficiale di intelligence per il generale Omar Bradley, un incarico che mantenne fino alla fine della guerra. Entrò a far parte della Central Intelligence Agency (CIA) quando l’agenzia fu creata nel 1947. Servì come capo divisione, vice assistente del direttore delle operazioni e assistente esecutivo del direttore della Central Intelligence Walter Bedell Smith. In seguito il direttore della Central Intelligence Agency Allen Dulles lo nominò ispettore generale della CIA, incarico che mantenne fino al 1961. ↩︎
  35. G-2 si riferisce allo staff dell’intelligence militare dell’esercito degli Stati Uniti a livello divisionale e superiore. È contrapposto a G-1 (personale), G-3 (operazioni), G-4 (logistica), G-5 (pianificazione), G-6 (rete), G-7 (addestramento), G-8 (finanza) e G-9 (operazioni civili-militari). L’intelligence del G-2 svolse un ruolo importante durante la seconda guerra mondiale, sia aiutando le forze combattenti che in missioni speciali  L’Assistant Chief of Staff for Intelligence G2, in qualità di Senior Army Intelligence Officer, fungeva da principale consigliere del Comandante Generale su tutte le questioni di intelligence, controspionaggio e sicurezza. Il G2 dirige la raccolta, l’analisi, la produzione e la diffusione dell’intelligence per le operazioni di emergenza. ↩︎
  36. Ivi, Dollmann Eugene, SPECIAL COLLECTION, Collection: Nazi War Crimes Disclosure Act, Document Number (FOIA) /ESDN (CREST): 519a6b23993294098d5109fa, Special Collection/nwcda5/117/DOLLMANN, EUGENE/DOLLMANN, EUGENE_0055.pdf ↩︎
  37. NARA,  Nazi War Crimes Interagency Working GroupIWG Declassified RecordsRecords of the Central Intelligence Agency (RG 263). Declassified Documents–RG 263: Entry ZZ-16, Dollman Eugene, RC Box # 11, RC Location 230/902/64/3. ↩︎

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