Morire a 17 anni: Tullio Zecchi, ucciso da Arturo Breviglieri uno dei capi del fascismo estense
Il 3 aprile 1921, alla vigilia della visita di Mussolini, lo squadrista ferrarese Arturo Breviglieri, uccise a freddo Tullio Zecchi, un giovane diciassettenne che, da poco tempo, aveva aderito alla gioventù comunista.
Laureata in Storia contemporanea a Bologna con una tesi sulla “Lunga notte del ‘43” e la repubblica sociale a Ferrara, pubblicata nel 1993, con il professor Massimo Legnani.
Si è occupata della storia delle campagne ferraresi tra la fine dell’ Ottocento e l’inizio del Novecento. E’ autrice di numerosi saggi e di alcune monografie che indagano aspetti differenti del fascismo estense e della Repubblica Sociale Italiana, dalle drammatiche vicende della violenta presa del potere fascista sino alle tematiche politiche e culturali del regime. In relazione al periodo squadrista sta focalizzando la propria attenzione sul tributo offerto dall’antifascismo alla violenza fascista e alla storia della Resistenza estense.
Attualmente sta approfondendo gli studi, che hanno dato vita a diversi saggi sulla Comunità israelitica ferrarese, sulla documentazione seguita alla promulgazione della legislazione razziale, conservata negli archivi estensi. Sta inoltre lavorando a ricostruire il contributo degli ebrei ferraresi all’antifascismo locale.
Dal 2013 lavora presso il Museo del Risorgimento e della Resistenza, inizialmente come ricercatrice e responsabile della Comunicazione e della didattica, dal settembre 2015 come responsabile del Museo.
Monografie:
Ferrara 1943. Dal 25 luglio a Salò. Interpretazione della “lunga notte”, Bologna, Grafis, 1993;
Ferrara 1943. Dal 25 luglio a Salò, “Nuova” interpretazione della lunga notte, Ferrara, G2 editrce, 2005;
Il fascismo ferrarese. Dodici articoli per raccontarlo, con un saggio inedito su Edmondo Rossoni, Ferrara, Casa Editrice Tresogni, 2011.
Con Delfina Tromboni e Davide Guarnieri, ha curato l’ebook, “Lo squadrismo, come lo raccontarono i fascisti, come lo vissero gli antifascisti”, Comune di Ferrara, 2014.
Sta per essere pubblicato, sempre nella collana del comune di Ferrara, il suo ebook dal titolo: “Viva l’Italia libera!” La primavera ferrarese del 1943
Tra i saggi ricordiamo:
Gli studi corporativi a Ferrara, 1927-1943, in: “Padania”, a. VI, n. 12, 1992;
Fonti per lo studio della comunità israelitica ferrarese, in: “Storia e problemi contemporanei”, a. VII, n. 14, 1994;
“L’anomalia ferrarese”, sta in: Guerra, guerriglia e comunità contadine in Emilia Romagna, 1943-1945, a cura di Mirco Dondi, Reggio Emilia, Grafitalia industrie grafiche, 1999;
“Ferrara, il fascismo e gli anni del consenso, sta in: “Quaderni del Liceo classico l. Ariosto, a cura di Silvana Onofri e Cristina Tracchi, Ferrara, n. 19, TLA Editrice, 2009;
“Donne ebre in fuga: la Comunità Israelitica ferrarese tra storia e persecuzione fascista”, sta in Storie di esilio, di fuga e di deportazione, a cura di Delfina Tromboni, Ferrara, Casa editrice Tresogni, 2010;
“Matilde Bassani tra antifascismo, Resistenza ed impegno sociale: una vita ‘felice’, dedicata agli altri”, sta in : “Ebrei a Ferrara Ebrei di Ferrara. Aspetti culturali, economici e sociali della presenza ebraica a Ferrara (secc. XIII-XX)”, a cura di Laura Graziani Secchieri, Firenze, Giuntina, 2014;
“Tra antifascismo e Resistenza, le radici dell’impegno”, sta in: Nives Gessi. Una vita nella storia, a cura di Barabara Pizzo, Ferrara, Nuovecarte, 2014.
“La borghesi estense e gli scontri interni al fascismo”, sta in: 1943 Guerra e società, a cura di Luca Alessandrini e di Matteo Pasetti, Roma, Viella, 2015.
Il 4 aprile 1921, Mussolini era atteso a Ferrara per un comizio e per assistere ad un imponente corteo fascista. Il Ferrarese, in quel frangente, grazie allo squadrismo ideato in quei mesi da Balbo e dai fascisti locali appoggiati economicamente dall’Agraria estense, veniva considerato la roccaforte fascista d’Italia.
Vico Mantovani, capo degli agrari estensi, forse i più importanti di tutta la Penisola, aveva proposto a Mussolini la candidatura nella circoscrizione Bologna – Ferrara – Ravenna – Forlì, dove poi venne eletto, determinando la convinzione, avallata anche da grandi storici come De Felice, del ruolo centrale della città estense all’interno del processo discesa al potere del fascismo.
L’offerta venne prontamente accettata da Mussolini che, reduce dalla massiccia sconfitta alle elezioni politiche del ’19 che non gli aveva nemmeno consentito di entrare in Parlamento, suggellò con gli agrari padani un patto che consentì al futuro duce di tornare alla ribalta politica e di intraprendere la strada che, dopo la marcia su Roma, lo avrebbe condotto prima al governo, quindi, a diventare il dittatore che impose all’Italia il regime fascista.
Il giorno precedente un fatto drammatico aveva colpito la città: in zona Darsena, il fascista Arturo Breveglieri, senza che fosse in corso nessuno scontro, anche se questo non avrebbe comunque attenuato la gravità del gesto, aveva ucciso a freddo Tullio Zecchi, un giovane diciassettenne, originariamente socialista che, da poco tempo, aveva aderito alla gioventù comunista. Insieme a Tullio era stato ferito gravemente un altro adolescente, Sabino Lambertini.
L’inchiesta socialista sulle gesta dei fascisti in Italia, del 1922, riportando quanto scritto dall’Avanti in quei giorni, sottolineava che il fascista, che aveva agito a sangue freddo, era stato riconosciuto da molti presenti e prontamente denunciato. Nonostante ciò, le forze dell’ordine non avevano mostrato nessun tipo di reazione e, anzi, si diceva avessero aiutato il fascista permettendogli di vestirsi da Carabiniere per evitare che egli potesse essere fatto segno della vendetta dei parenti e dei compagni di partito del giovane. Gli studi storici (sia Roveri sia Franzinelli) giunsero successivamente ad attribuire la paternità del feroce ed immotivato assassinio ad Arutro Breviglieri, il fascista che pochi giorni dopo, l’11 aprile, era stato ucciso a Pontelagoscuro per mano socialista.
Ma chi era Arturo Breviglieri?
Arturo Breveglieri, il fascista uccisore del giovane Tullio Zecchi, che morì qualche giorno dopo il tragico evento per mano socialista durante un’azione squadrista a Pontelagoscuro
Egli era stato un giovane volontario delle Grande guerra che al ritorno aveva immediatamente aderito al fascismo e, quindi con Olao Gaggioli, aveva organizzato le prime squadre d’azione. Egli non era, quindi, un fascista tra i tanti: infatti, insieme a Gaggioli, aveva costituito la squadra “Celibano”, il cui nome veniva dalla storpiatura di “cherry brandy”, il liquore con il quale si gratificavano prima di ogni azione, considerata la punta di diamante del fascismo locale, della quale Mussolini, lusingato dalle imprese spericolate, aveva accettato addirittura la tessera onoraria.
Italo Balbo a Ferrara presenzia ai Funerali di Arturo Breviglieri.
Breviglieri impegnato in continue spedizioni punitive, era infatti uno degli uomini di fiducia di Balbo in questi primi frangenti dello squadrismo estense insieme a Gattelli, Gaggioli e Squarzanti, sempre ben lieti di poter bastonare i socialisti, era rimasto ferito il 23 gennaio dello stesso anno mentre i fascisti occupavano Denore e ne devastavano la lega cooperativa, insieme a due socialisti colpiti da armi da fuoco.
“Fascio ferrarese di combattimento Franco Gozzi”
Dopo qualche giorno dall’episodio dell’uccisione di Zecchi e la conseguente fuga e latitanza, coperta dalle forze dell’ordine, come i documenti testimoniano fosse ormai d’abitudine, resa ancora più facile, in questo caso, del rilievo della figura del ricercato, egli prese parte ad una spedizione punitiva contro i socialisti di Pontelagoscuro, che avevano il torto di avere respinto un precedente attacco squadrista e per questo erano stati assediati nei locali della Raffineria Ferrarese.
Egli venne ucciso, senza nemmeno avere il tempo di estrarre la pistola, dai colpi di un ignoto che, con grande probabilità, aveva inteso vendicare il giovane Zecchi.
Funerali di Arturo Breviglieri (aprile 1921).
La vendetta fascista fu tremenda: venne incendiata la Camera del Lavoro, vennero saccheggiate le case dei socialisti più in vista e il paese venne occupato militarmente mentre le forze dell’ordine non davano nessun segno di reazione: i socialisti, prima sottoposti a violenza, vennero poi costretti a rendere omaggio alla salma di Breviglieri e a lasciare le proprie associazioni sindacali per non correre il rischio di ulteriori violenze.
La stampa fascista, esaltata dai fatti, scrisse: “gli operai sovversivi, dopo questo delitto, abbandonarono il loro partito per aderire al sindacalismo fascista e, sfilando dinanzi alla bara, baciarono le mani del Caduto”.
In questa tragica vicenda, che assume per questo connotati di evidente esemplarità, il comportamento, continuamente stigmatizzato nelle testimonianze e nella pubblicistica di parte socialista, ed oggi confermato da una grande quantità di documenti, delle forze dell’ordine, schierate palesemente a favore dei fascisti, mostra la mancanza totale di ripensamenti, anche di fronte all’omicidio a sangue freddo di un adolescente.
Inoltre l’episodio appare esemplare per comprendere le diverse modalità che contribuirono allo spostamento dei lavoratori dalle leghe ai sindacati fascisti: perseguitati dai fascisti, lasciati dalle forze dell’ordine in balia della loro violenza, uccisi ed infine umiliati e costretti a rendere omaggio, quasi fosse davvero un martire, ad uno degli uomini che li aveva terrorizzati, sottoposti a violenza e che aveva ucciso un loro figlio di diciassette anni. Per i particolari relative alle vicende di Arturo Breviglieri, si veda, Mimmo Franzinelli, Squadristi Protagonisti e tecniche della violenza, Milano, Mondadori, 2003.
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