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Il “Putsch della birreria” di Monaco

Tra l'8 e il 9 novembre del 1923, alle 20.45, mentre nella birreria Burgerbraukeller di Monaco era in corso una conferenza presieduta da tre commissari del governo bavarese, un manipolo di Stosstrupp, seguito dalla Sturm Abteilung, capeggiato da Adolf Hitler ed altri leaders del Kampfbund, tra cui spiccava Erich Ludendorff, improvvisamente fecero irruzione nella sala proclamando, armi in pugno, che il governo bavarese era stato destituito ed Hitler in persona avrebbe assunto, da quel momento in poi, la direzione politica del nuovo governo.All'ordine perentorio impartito dal feldmaresciallo Erich Ludendorff circa duemila uomini, brandendo la bandiera con la svastica e quella nera-bianca-rossa dell’Impero, presero a marciare in direzione del centro cittadino dove giunsero alle prime luci dell'alba del giorno successivo, con l'intento di liberare Ernst Roehm e i suoi uomini asserragliati nel quartier generale del distretto militare per poi dirigersi verso la centrale Odeon Platz.A quel punto tutto lasciava presagire che quello fosse l'inizio di un colpo di Stato ma, ben presto ci si rese conto che quel maldestro tentativo, passato alla storia come "Putsch della birreria" di Monaco (in tedesco: Bürgerbräu-Putsch), in realtà, non avrebbe sortito gli effetti sperati al punto che, alle 12,30 in punto, le forze dell'ordine subito soffocarono sul nascere quell'aggressione traendo in arresto i responsabili i quali, tuttavia, furono poi condannati a scontare pene molto blande che, in seguito furono finanche condonate.Di conseguenza, nonostante la gravità delle accuse di alto tradimento con che pendevano sul suo capo, il futuro Führer al termine del dibattimento ricevette una condanna di appena 5 anni di reclusione, dei quali, in realtà, alla fine ne sconterà molti …

Giovanni Preziosi

Giovanni Preziosi

Giovanni Preziosi nasce 54 anni fa a Torre del Greco, in provincia di Napoli, da genitori irpini. Trascorre la sua infanzia ad Avellino prima di intraprendere gli studi universitari presso l’Università degli Studi di Salerno dove si laurea in Scienze Politiche discutendo una tesi in Storia Contemporanea. Nel corso di questi anni ha coltivato varie passioni, tra cui quella per il giornalismo, divenendo una delle firme più apprezzate delle pagine culturali di alcune prestigiose testate quali: “L’Osservatore Romano”, “Vatican Insider-La Stampa”, “Zenit”, “Il Popolo della Campania”, “Cronache Meridionali”. Ha recensito anche alcuni volumi per “La Civiltà Cattolica”. Inoltre, dal 2013, è anche condirettore della Rivista telematica di Storia, Pensiero e Cultura del Cristianesimo “Christianitas” e responsabile della sezione relativa all’età contemporanea. Recentemente ha fondato anche il sito di analisi ed approfondimento storico "The History Files”. Ha insegnato Storia Contemporanea al Master di II° livello in “Scienze della Cultura e della Religione” organizzato dal Dipartimento di Scienze della Formazione dell’Università degli Studi Roma Tre. Fin dalla sua laurea i suoi interessi scientifici si sono concentrati sui problemi socio-politici che hanno caratterizzato il secondo conflitto mondiale, con particolare riguardo a quel filone storiografico relativo all’opera di assistenza e ospitalità negli ambienti ecclesiastici ad opera di tanti religiosi e religiose a beneficio dei perseguitati di qualsiasi fede religiosa o colore politico. Ha compiuto, pertanto, importanti studi su tale argomento avviando una serie di ricerche i cui risultati sono confluiti nel volume “Sulle tracce dei fascisti in fuga. La vera storia degli uomini del duce durante i loro anni di clandestinità” (Walter Pellecchia Editore, 2006); “L’affaire Palatucci. “Giusto” o collaborazionista dei nazisti? Un dettagliato reportage tra storia e cronaca alla luce dei documenti e delle testimonianze dei sopravvissuti” (Edizioni Comitato Palatucci di Campagna, 2015), “Il rifugio segreto dei gerarchi: Storia e documenti delle reti per l'espatrio clandestino dei fascisti” (CreateSpace Independent Publishing Platform, 23 febbraio 2017) e “La rete segreta di Palatucci. Fatti, retroscena, testimonianze e documenti inediti che smentiscono l’accusa di collaborazionismo con i nazisti” (SECONDA EDIZIONE - Independent Publishing, maggio 2022) nonché in altri svariati articoli pubblicati su giornali di rilievo nazionale.
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Tra l’8 e il 9 novembre del 1923, alle 20.45, mentre nella birreria Burgerbraukeller di Monaco era in corso una conferenza presieduta da tre commissari del governo bavarese, un manipolo di Stosstrupp, seguito dalla Sturm Abteilung, capeggiato da Adolf Hitler ed altri leaders del Kampfbund, tra cui spiccava Erich Ludendorff, improvvisamente fecero irruzione nella sala proclamando, armi in pugno, che il governo bavarese era stato destituito ed Hitler in persona avrebbe assunto, da quel momento in poi, la direzione politica del nuovo governo.

Adolf Hitler legge un giornale durante la sua prigionia a Landsberg.

All’ordine perentorio impartito dal feldmaresciallo Erich Ludendorff circa duemila uomini, brandendo la bandiera con la svastica e quella nera-bianca-rossa dell’Impero, presero a marciare in direzione del centro cittadino dove giunsero alle prime luci dell’alba del giorno successivo, con l’intento di liberare Ernst Roehm e i suoi uomini asserragliati nel quartier generale del distretto militare per poi dirigersi verso la centrale Odeon Platz.

Hitler nella sua cella

A quel punto tutto lasciava presagire che quello fosse l’inizio di un colpo di Stato ma, ben presto ci si rese conto che quel maldestro tentativo, passato alla storia come “Putsch della birreria” di Monaco (in tedesco: Bürgerbräu-Putsch), in realtà, non avrebbe sortito gli effetti sperati al punto che, alle 12,30 in punto, le forze dell’ordine subito soffocarono sul nascere quell’aggressione traendo in arresto i responsabili i quali, tuttavia, furono poi condannati a scontare pene molto blande che, in seguito furono finanche condonate.

Di conseguenza, nonostante la gravità delle accuse di alto tradimento con che pendevano sul suo capo, il futuro Führer al termine del dibattimento ricevette una condanna di appena 5 anni di reclusione, dei quali, in realtà, alla fine ne sconterà molti di meno restando rinchiuso nella sua cella della fortezza bavarese di Landsberg, soltanto per 8 mesi, durante i quali elaborò i principi cardine della teoria nazional-socialista condensati nel libro dal titolo “Mein Kampf” (“La mia battaglia”) che detterà poi al suo fedele compagno Rudolf Hess.

© Giovanni Preziosi, 2017

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