Se la Memoria della salvezza di migliaia di italiani ebrei e non ebrei da parte di altrettante migliaia di patrioti non cammina sul ponte che la nostra generazione rappresenta, rischiamo di perdere una parte importante della nostra storia. E senza storia e Memoria non c’è futuro.
Nata a Milano nel gennaio 1957, dopo la laurea a pieni voti in Scienze Politiche nel luglio 1979, ha lavorato in Zambia per le Nazioni Unite e in Zimbabwe nell'ambito della Cooperazione allo sviluppo. Ha poi seguito un corso Master presso l'Università Bocconi di Milano e continuato professionalmente nelle Divisioni Marketing e Vendite di importanti aziende italiane e multinazionali. Appassionata di viaggi, letture e cultura ebraica, scrive anche poesie, racconti e articoli in collaborazione con varie testate giornalistiche. Nel 2013 è stata ospite del Festival di cultura ebraica “Lech Lechà” a Trani e della Festa del Libro ebraico a Ferrara. È sempre attiva nell’organizzazione di eventi, incontri e dibattiti che abbiano la Shoah e l’ebraismo come temi centrali in tutte le loro sfaccettature. Nel 2012 ha pubblicato con successo il suo romanzo d’esordio: "Diciotto Passi" (Rusconi) a cui è seguito nel 2014 "Come pesci sulla terra" (Rusconi), a cui ha fatto seguito "EshFuoco nella notte" (2018). Con puntoacapo Editrice ha pubblicato "Davide contro K" (2018) e "Il Vescovo degli Ebrei. Storia di una famiglia ebraica durante la Shoah" (2019). Nel 2018 ha creato il progetto “IL RICORDO E LA VITA” con cui, insieme a suo marito Meir Polacco promuove il riconoscimento di “Giusti Tra le Nazioni” presso il Memoriale della Shoah Yad Vashem attraverso la ricerca di testimoni viventi, documenti storici e vicende inedite di salvezza avvenute durante la Shoah. Inoltre è curatrice della Collana editoriale IL RICORDO E LA VITA - Appunti di Memoria, puntoacapo Editrice. È stata protagonista del docufilm di RAI 1 “ZACHÓR-La fatica della Memoria” (2021).
Sono appena trascorse due date importanti: il 25 aprile e il I° maggio. In un tempo non lontano questa data rappresentava la ricorrenza e il baluardo – sentiti e condivisi – di uno dei diritti più sacri, quello al lavoro, su cui si fonda la nostra Repubblica. Oggi invece rappresenta la fine delle scampagnate di tutti coloro che hanno usufruito di qualche giorno di ferie per godersi un ponte lungo ben dieci giorni di agognata vacanza. E che dire del 25 Aprile? Un tempo era la data simbolo della riconquistata libertà dall’oppressione nazifascista e dalla guerra, il momento della coesione, dell’unità di intenti e della celebrazione di chi aveva resistito e vinto contro il nemico comune. Invece oggi è più che mai l’occasione per i politici di combattersi a suon di polemiche e frasi retoriche dimostrando così a noi cittadini, loro elettori, quanto spaccata sia la classe politica che ci amministra.
E allora che fanno gli italiani? Se ne vanno in vacanza fra grigliate, picnic e code interminabili ai caselli, carichi di stress, tutti o quasi, lontani col pensiero e col cuore dal contenuto e dal significato delle due date, diventate purtroppo pilastri non di valori ma di un lungo ponte vacanziero. Forse gli italiani fanno bene a distrarsi, forse… L’ho fatto anch’io quando lavoravo. Fanno comunque bene a dissociarsi dalle comparsate e dai proclami in tv: parole, troppe parole, pochi fatti e l’esternazione di brutti esempi sotto gli occhi di tutti noi. Esempi che rappresentano la crisi di un intero Paese e che a cascata vengono ahimè seguiti da molti emulatori.
Ilmaleciaccomuna, ilbenecidistingue. E in tanto bene e coraggio si sono distinti i molti italiani che circa 80 anni fa contribuirono a liberare l’Italia dal giogo nazifascista, morti in gran numero per ideali che oggi non esistono più. Ben inteso… Sono gli ideali, non il pericolo di un rigurgito dispotico, a non esistere più. Ilmaleimpera, ilbenelatita. È questo l’effetto della democrazia? La libertà provoca sonnolenza, assuefazione? Spero di no, ma guardandomi attorno avverto una sorta di inquietudine nel vedere cosa succede. E non sono l’unica… L’avrà provato anche Noach, il giusto Noè avvertito di un’incombente catastrofe per l’intera umanità che – sapendo del diluvio in arrivo – iniziò a costruire l’arca, deriso e vilipeso dai più che lo credevano un pazzo iettatore, in un mondo che sembrava assomigliare a quello in cui ci troviamo oggi, tutti concentrati a soddisfare principalmente bisogni materiali, a divertirci, a consumare, a prenderci lunghi ponti e vacanze. Un mondo come quello di oggi, in cui esiste solo la parola diritto, mentre il dovere è meglio scaricarlo sul prossimo, su questo o su quello… Basta che non sia io a farmene carico. Si dimenticano troppo facilmente la fatica e il prezzo messi sul piatto per conquistare il diritto alla democrazia e alla libertà, quelle che oggi ci permettono di andare in vacanza, fra le tante cose… Si dimentica – fra spiedini e gite al mare – il dovere di ricordare quel 25 Aprile di un tempo ormai perduto nelle nebbie della storia. E ci si dimentica, ahimè, di un altro importante dovere: quello di contribuire al bene della res publica, cioè la nostra amata (solo a parole) Repubblica.
Sandro Pertini
In questo tempo di pace apparente sembra invece dominare la guerra delle parole e contro le parole. Una per tutti: la parola patriota. Utilizzata dal Presidente Pertini molti anni fa, ripresa dal Presidente Mattarella pochi giorni fa per celebrare i combattenti per la libertà che si opposero alla barbarie nazifascista, la parola patriota trionfa, tra gli altri, sugli attestati ed i certificati siglati dal Generale Alexander, Comandante Supremo delle Forze Alleate, concessi ai valorosi italiani – ebrei e non – che parteciparono alla Resistenza. Generale non certo nostalgico di Mussolini, vero?
“Certificato di Patriota” rilasciato dal Generale Alexander, Comandante Supremo delle Forze Alleate del Mediterraneo Centrale.
Eppure c’è qualcuno che – ahimè – nei mesi passati ha osato opporsi alla parola patriota usata dal nostro Presidente del Consiglio Giorgia Meloni, contestandola come se fosse un retaggio fascista. Invito questa parte politica e i suoi militanti a studiare la storia e ripassare la lingua italiana, evitando polemiche sterili che nuocciono alla loro corrente politica e ledono l’integrità dell’Italia, offendendo l’intelligenza dei suoi cittadini che essi forse credono beoti.
Un ponte ha un significato importante ed altamente simbolico: serve ad unire, con un pilastro all’inizio ed uno alla fine, talvolta con uno anche in centro per attribuire maggior stabilità all’intera struttura. Dove non ci sono ponti le cose possono farsi difficili, in quanto viene meno la continuità. Così è per la generazione ponte tra i patrioti del 1945 ed i giovani del 2023. Una delle funzioni di un ponte è anche rappresentata dal passaggio. Difatti è una via di comunicazione. Se la Memoria di ciò che è avvenuto 80 anni fa circa viene meno, se cioè la Memoria si ferma e non cammina, ecco che il ponte diventa inutile… La nostra generazione diventa inutile… Concludendo: se la Memoria della salvezza di migliaia di italiani ebrei e non ebrei da parte di altrettante migliaia di patrioti non cammina sul ponte che la nostra generazione rappresenta, rischiamo di perdere una parte importante della nostra storia. E senza storia e Memoria non c’è futuro.
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