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EDITH STEIN E LA LETTERA DI PROTESTA DELL’EPISCOPATO OLANDESE

“Verremmo meno al nostro dovere se noi non protestassimo pubblicamente contro l’ingiustizia che viene fatta verso molta nostra gente”. La scelta coraggiosa dell’episcopato olandese con la lettera di aspra condanna per “lo spietato e ingiusto trattamento riservato agli ebrei”, che fu letta in ogni chiesa il 26 giugno del 1942.

Giovanni Preziosi

Giovanni Preziosi

Giovanni Preziosi nasce 54 anni fa a Torre del Greco, in provincia di Napoli, da genitori irpini. Trascorre la sua infanzia ad Avellino prima di intraprendere gli studi universitari presso l’Università degli Studi di Salerno dove si laurea in Scienze Politiche discutendo una tesi in Storia Contemporanea. Nel corso di questi anni ha coltivato varie passioni, tra cui quella per il giornalismo, divenendo una delle firme più apprezzate delle pagine culturali di alcune prestigiose testate quali: “L’Osservatore Romano”, “Vatican Insider-La Stampa”, “Zenit”, “Il Popolo della Campania”, “Cronache Meridionali”. Ha recensito anche alcuni volumi per “La Civiltà Cattolica”. Inoltre, dal 2013, è anche condirettore della Rivista telematica di Storia, Pensiero e Cultura del Cristianesimo “Christianitas” e responsabile della sezione relativa all’età contemporanea. Recentemente ha fondato anche il sito di analisi ed approfondimento storico "The History Files”. Ha insegnato Storia Contemporanea al Master di II° livello in “Scienze della Cultura e della Religione” organizzato dal Dipartimento di Scienze della Formazione dell’Università degli Studi Roma Tre. Fin dalla sua laurea i suoi interessi scientifici si sono concentrati sui problemi socio-politici che hanno caratterizzato il secondo conflitto mondiale, con particolare riguardo a quel filone storiografico relativo all’opera di assistenza e ospitalità negli ambienti ecclesiastici ad opera di tanti religiosi e religiose a beneficio dei perseguitati di qualsiasi fede religiosa o colore politico. Ha compiuto, pertanto, importanti studi su tale argomento avviando una serie di ricerche i cui risultati sono confluiti nel volume “Sulle tracce dei fascisti in fuga. La vera storia degli uomini del duce durante i loro anni di clandestinità” (Walter Pellecchia Editore, 2006); “L’affaire Palatucci. “Giusto” o collaborazionista dei nazisti? Un dettagliato reportage tra storia e cronaca alla luce dei documenti e delle testimonianze dei sopravvissuti” (Edizioni Comitato Palatucci di Campagna, 2015), “Il rifugio segreto dei gerarchi: Storia e documenti delle reti per l'espatrio clandestino dei fascisti” (CreateSpace Independent Publishing Platform, 23 febbraio 2017) e “La rete segreta di Palatucci. Fatti, retroscena, testimonianze e documenti inediti che smentiscono l’accusa di collaborazionismo con i nazisti” (SECONDA EDIZIONE - Independent Publishing, maggio 2022) nonché in altri svariati articoli pubblicati su giornali di rilievo nazionale.
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Mentre infieriva la persecuzione antiebraica in tutti i territori occupati dalle armate tedesche, ai principi di luglio del 1942, l’episcopato olandese guidato dall’arcivescovo di Utrecht Johannes de Jong, seguendo «le orme del nostro Santo Padre», decise che la grave situazione che si era profilata nei Paesi Bassi

non solo richied[eva] una parola di cordoglio, ma verremmo meno al nostro dovere se noi non protestassimo pubblicamente contro l’ingiustizia che viene fatta verso molta nostra gente.

L’arcivescovo di Utrecht Johannes de Jong

Di fronte al massacro sistematico di tante vittime innocenti che quotidianamente si consumava sotto i loro occhi, l’episcopato olandese non poteva certo restare indifferente. E molte erano le richieste di aiuto che arrivavano. Ad esempio, proprio in quei giorni un ebreo che, per prudenza, volle restare anonimo, scrisse all’arcivescovo de Jong:

Monsignore, – scriveva nel luglio del 1942 un ebreo che preferiva rimanere nell’anonimato nel timore di subire qualche ritorsione dai nazisti – gli ebrei non solo nei Paesi Bassi, ma in tutti i territori occupati, sono in grande difficoltà! Le disposizioni e le norme, pubblicate sulla stampa costituiscono soltanto una piccola parte di ciò che è stato fatto effettivamente agli ebrei. […] Tale ingiustizia su così vasta scala credo che non sia ancora nota nel mondo. […] Una sola organizzazione forse è in grado di aiutare gli ebrei, […] la Chiesa Cattolica. Solo la Chiesa cattolica ha dei collegamenti, che può contattare e interagire con le autorità in Germania. Il Santo Padre a Roma saprà certamente farlo, se è disposto a intervenire a favore degli ebrei nei territori occupati.

K.L.H. (Harry) van der Putt

Di fronte a questa disperata richiesta d’aiuto l’arcivescovo de Jong subito corse ai ripari allestendo un’efficiente rete di assistenza clandestina on l’ausilio, tra gli altri, del rappresentante cattolico in seno al Consiglio ebraico, l’avvocato Minderop, del Borgomastro di Geldrop van der Putt e della figlia del giudice dell’Alta Corte, Sophie van Berckel. Quest’ultima, in particolare, si impegnò attivamente nell’accoglienza dei profughi ebrei cattolici provenienti dalla Germania, istituendo anche un fondo di emergenza per l’espatrio in Brasile degli ebrei col sostegno di parrocchie, monasteri e altre famiglie di buona volontà.. Nel giugno 1944, però, questa rete clandestina fu scoperta dalla Gestapo: arrestata, Sophie van Berckel pagò con la vita la dedizione profusa per questa nobile causa, terminando i suoi giorni a Ravensbrück, dove morì il 26 dicembre di quello stesso anno.

David Cohen

Nel frattempo, il 26 giugno del 1942, il presidente dello Joodse Raad, David Cohen, aveva reso noto che il capo delle SS di Amsterdam, Karl Wörlein, gli aveva comunicato che molto presto tutti gli ebrei, tra i 16 e i 40 anni, sarebbero stati trasferiti nei “Polizei Licher Arbeitseinsatz” in Germania. Lo stesso concetto fu ribadito il 4 luglio dal segretario del Consiglio ebraico, Slotemaker de Bruïne, il quale dichiarò che

sta[va] diventando sempre più chiaro, che il governo tedesco nazionalsocialista mira[va] a una sistematica eliminazione del Giudaismo e a tal fine farà ricorso a misure sempre più drastiche. Così ora procederà alla concentrazione e alla deportazione degli ebrei olandesi. […] Pertanto, allo stato attuale tutti gli ebrei devono essere registrati nel più breve tempo possibile in Olanda, almeno 600 al giorno, entro una settimana.

Il segretario del Consiglio ebraico, Slotemaker de Bruïne

Questo sinistro presagio si materializzò il 17 luglio, allorché in seguito ad un massiccio rastrellamento sferrato dai nazisti, furono deportati e trucidati barbaramente al loro arrivo ad Auschwitz-Birkenau ben 2.000 ebrei. La macchina dello sterminio era, ormai, entrata in funzione a pieno ritmo. A quel punto mons. de Jong decise che era giunto il momento di rompere ogni indugio e denunciare pubblicamente gli orrendi crimini commessi dai tedeschi.

Lettera Pastorale vescovi olandesi 26 luglio 1942

Si è deciso, quindi, – scriveva l’arcivescovo di Utrecht – una protesta sotto forma di una richiesta scritta da trasmettere al Commissario del Reich (Schmidt e Rauter), ai Segretari generali di tutti i nostri Dipartimenti e ai Consigli della Chiesa. Contemporaneamente dalle autorità della Chiesa i fedeli saranno informati dal pulpito del contenuto di questa petizione in una forma adatta per loro.

I responsabili delle principali confessioni religiose olandesi reagirono energicamente alla deportazione degli ebrei ed alle pesanti restrizioni a cui erano soggetti, facendo pervenire l’11 luglio un telegramma al Commissario Generale del Reich ArthurSeyss-Inquart, ed ai Commissari Generali Rauter e Schmidt, nonché al comandante dell’esercito, gen. Christiansen, prima di rendere pubblica una lettera di aspra condanna per “lo spietato e ingiusto trattamento riservato agli ebrei”.

Arthur Seyss-Inquart

Tuttavia, appena la Gestapo fu messa al corrente di questo progetto, il 20 luglio, in una disposizione firmata dal Commissario Generale per l’Olanda Fritz Schmidt, minacciò i vescovi che qualora avessero reso pubblica quella lettera non avrebbero risparmiato neanche gli ebrei convertiti. Con qualche perplessità, la Chiesa evangelica, fece marcia indietro e accettò la proposta avanzata dai tedeschi, mentre quella cattolica tirò dritta per la sua strada disponendo che la domenica 26 luglio fosse letta dai pulpiti di ogni chiesa la lettera pastorale che stigmatizzava il modus operandi adottato dai tedeschi, nel tentativo, che poi si rivelerà velleitario, di indurli a più miti consigli.

Edith e Rosa Stein

Il 2 agosto, infatti, per rivalsa, i nazisti accelerarono le deportazioni degli ebrei scagliandosi finanche contro gli autori di questa temeraria protesta. La Gestapo, con un blitz a sorpresa, procedette ad una serie di arresti rastrellando dai monasteri tutti i rifugiati e perfino alcuni religiosi, facendo registrare un bottino di ben 212 persone alle quali andavano aggiunti anche gli altri 32 ebrei acciuffati ad Amsterdam. A farne le spese furono anche la suora carmelitana di origini ebraiche Teresa Benedetta della Croce (al secolo Edith Stein) e sua sorella Rosa, senza contare poi anche la famiglia Löb composta dai tre fratelli del monastero trappista di Koningshoeven: Ignazio, Nivardo, Lino e le loro sorelle del vicino convento delle suore trappiste: Helen e Maria Teresa.

Difatti, Il 2 agosto verso le 5 del pomeriggio due ufficiali delle SS si presentarono presso il monastero di Echt per prelevare le due sorelle Stein e condurle, insieme ad altre 27 persone, dapprima a Westerbork e successivamente nel campo di sterminio di Auschwitz-Birkenau dove, il 9 agosto, furono brutalmente uccise all’interno delle camere a gas. Evidentemente fu proprio questo episodio a suggerire maggiore cautela a Pio XII, che privilegiò la strategia del “silenzio operoso”, per non compromettere ulteriormente la già precaria situazione dei perseguitati, verso i quali i nazisti incrementavano le loro atrocità ogni qualvolta qualche esponente ecclesiastico si permetteva di esprimere una protesta.

Eppure, negli anni precedenti, dopo essere stata costretta a rinunciare alla docenza a causa delle sue origini ebraiche, prevedendo gli orrori che sarebbero stati perpetrati dai nazisti ai danni degli ebrei, il 12 aprile 1933, Edith Stein aveva deciso di scrivere una lettera a Pio XI, esprimendosi in questi termini:

La lettera di Edith Stein a papa Pio XI nell’aprile 1933

Santo Padre
Come figlia del popolo ebraico, che per grazia di Dio è da 11 anni figlia della Chiesa cattolica, ardisco parlare  al Padre della Cristianità su ciò che preoccupa milioni di tedeschi. Da settimane siamo spettatori, in Germania, di atti che comportano un totale disprezzo della giustizia e dell’umanità, per non parlare dell’amore del prossimo. Per anni i capi del nazionalsocialismo hanno predicato l’odio contro gli ebrei. Ora che hanno conquistato il potere e hanno armato i loro seguaci – tra i quali ci sono dei noti elementi criminali – questo frutto dell’odio è germinato. Il governo ha solo di recente ammesso che ci sono state defezioni dal partito, ma è impossibile farsi un’idea sul numero in quanto l’opinione pubblica è imbavagliata. Da ciò che posso giudicare io, in base alle mie relazioni personali, non si tratta affatto di casi singoli ed eccezionali. Sotto la pressione di voci provenienti dall’estero il governo è passato a metodi più “miti” e ha dato l’ordine “che a nessun ebreo venga torto un capello”. Ma attraverso misure di  boicottaggio – che negano alle persone la possibilità di svolgere attività economiche, la dignità di cittadini e la patria – ha indotto molti alla disperazione: nell’ultima settimana, attraverso rapporti personali, sono venuta a conoscenza  di 5 casi di suicidio come conseguenza di queste ostilità. Sono convinta che si tratta di un fenomeno generale che provocherà molte altre vittime. Si può ritenere che quegli infelici non avessero abbastanza forza morale per sopportare il loro destino. La responsabilità deve in gran parte ricadere su coloro che li hanno spinti a tale gesto, ma ricade anche su coloro che tacciono di fronte a tali eventi.
Tutto ciò che è accaduto e continua ad accadere quotidianamente viene da un governo che si definisce “cristiano”. Non solo gli ebrei ma anche migliaia di fedeli cattolici della Germania – e, ritengo, di tutto il mondo – da settimane aspettano e sperano che la Chiesa di Cristo alzi la sua voce per porre termine a tale abuso del nome di Cristo. L’idolatria della razza e del potere dello Stato, con la quale la radio bombarda quotidianamente la coscienza pubblica, non è un’aperta eresia? Il tentativo di annientare il sangue ebraico non è un oltraggio alla santissima umanità del nostro Salvatore, della beatissima Vergine e degli Apostoli? Non è in assoluto contrasto con il comportamento del nostro Signore e Salvatore, che anche sulla croce pregava ancora per i Suoi persecutori? E non è un marchio nero nella storia di questo Anno Santo, che sarebbe dovuto diventare l’anno della pace e della riconciliazione?
Noi tutti, figli fedeli della Chiesa, che guardiamo con occhi aperti all’attuale situazione tedesca come, temiamo il peggio per il prestigio mondiale della Chiesa stessa, se il silenzio si prolunga ulteriormente. Siamo anche convinti che questo silenzio non può alla lunga ottenere la pace dall’attuale governo tedesco. Per il momento, la lotta contro il Cattolicesimo si svolge in sordina e con sistemi meno brutali che contro il Giudaismo, ma non meno sistematicamente. Non passerà molto tempo perché nessun cattolico possa più avere un impiego a meno che non si sottometta senza condizioni al nuovo corso di azione.
Ai piedi di Vostra Santità, chiedendo la benedizione apostolica,
(Firmato) Dott.ssa Edith Stein, docente all’istituto tedesco di Pedagogia scientifica presso il Collegium Marianum di Münster.

Lettera di Edith Stein a Pio XI, 12 aprile 1933

Per tentare di porre un freno a questa atroce vendetta, il 27 agosto l’arcivescovo de Jong – dopo aver scritto senza alcun risultato al Reichskommissar dei Paesi Bassi Seyss-Inquart – incaricò l’officiale della curia monsignor Felix van de Loo di occuparsi della vicenda. Costui si mise immediatamente in contatto telefonico con il vicesegretario del Sinodo della Chiesa riformata olandese all’Aia, Hendrik Dijckmeester, per esortarlo a intervenire a beneficio dei cattolici presso le autorità tedesche.

Ogni tentativo, purtroppo, si rivelò vano!

L’orribile esecuzione di Edith Stein ad Auschwitz
Scena tratta dal film “La settima stanza” di Marta Meszaros (1995) in cui Edith Stein (Maia Morgenstern) arriva ad Auschwitz e viene immediatamente condotta nella camera a gas.

© Giovanni Preziosi, 2024

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